Il canto del cigno. Barack Obama è salito per l'ottava e ultima volta ieri

Mercoledì 21 Settembre 2016
Il canto del cigno. Barack Obama è salito per l'ottava e ultima volta ieri sul podio dell'Onu, davanti ai rappresentanti di 193 Paesi riuniti per l'apertura dell'Assemblea Generale. E il suo è stato un discorso di bilancio e di saluto allo stesso tempo. Un discorso in cui ha difeso alcune delle sue più importanti vittorie e in cui ha lanciato qualche pungente strale contro i rivali che gli hanno reso la vita più difficile, da Putin («la Russia sta cercando di riguadagnare la gloria perduta tramite la forza») a Netanyahu, per arrivare a Trump. Ma al centro dei 45 minuti del suo intervento è rimasta sempre forte la fiducia nella diplomazia come unico vero strumento per risolvere i conflitti mondiali, la difesa della tolleranza, il rifiuto dei populismi e nazionalismi: «Una nazione che oggi si circondasse di muri, avrebbe l'effetto di imprigionare solo se stessa», ha ammonito.
Il premier Matteo Renzi ha apprezzato il discorso di Obama e ha riconosciuto che «la lotta contro la paura e i populismi è un messaggio che può e deve ispirare molti leader non solo negli Usa ma anche nella Ue». Renzi ha parlato dallo stesso podio in serata, alla conclusione del summit sui migranti che lo stesso Obama aveva organizzato a seguito di quello tenutosi lunedì per iniziativa dell'Onu stessa. In un intervento al Council on Foreign Relations, Renzi ha di nuovo proposto di seguire l'esempio di Obama, questa volta riguardo l'austerity, che secondo il premier è una strada che rischia di strangolare l'Europa, e infatti propone di «copiare» invece la politica che Obama ha scelto per gli Usa, di favorire «gli investimenti».
Nel discorso all'Assemblea Generale, Obama ha lanciato un appello deciso affinché i rifugiati vengano accolti e aiutati. E ha collegato due grandi fattori mondiali proprio all'attuale crisi dei migranti: l'accordo sull'ambiente e la globalizzazione economica. Rispettare l'accordo di Parigi – una delle vittorie di politica di cui Obama è evidentemente più orgoglioso - «è anche una scelta intelligente, perché i cambiamenti climatici diventeranno carburante per nuovi conflitti generati dalla disperazione». Ma anche il globalismo, per il quale Obama si è battuto spesso andando contro l'ala più progressista del suo partito, rappresenta un rischio: «Dobbiamo riconoscere – ammette il presidente – che si è resa necessaria una correzione, perché i liberi mercati e il commercio mondiale hanno creato differenze fra ricchi e poveri, e non possiamo ignorare le diseguaglianze». Ma nulla sarebbe peggio – ha accusato, chiaramente intendendo riferirsi a Donald Trump – che reagire «con il nazionalismo aggressivo e un crudo populismo».
Nell'ultimo discorso davanti alla platea mondiale, Obama ha giudicato la propria amministrazione come «una forza per il bene» e ha ricordato con soddisfazione le vittorie dell'accordo nucleare con l'Iran, l'apertura a Cuba e a Myanmar, la sconfitta dell'epidemia dell'Ebola in Africa, ma ha anche ammesso che la violenza settaria che sta dilaniando il Medio Oriente «non potrà essere risolta velocemente», e non si può sognare che «una potenza esterna abbia la forza di imporre la coesistenza a comunità religiose ed etniche diverse». Un colpetto cioé anche contro la Russia, che «in un mondo che si è lasciato indietro gli imperi, sta tentando di recuperare la gloria perduta ricorrendo alla forza».
Salutando l'assise mondiale, Obama ribadisce quanto indispensabile sia anche la diplomazia: «Stiamo combattendo contro una scellerata minaccia medioevale (l'Isis). In questa lotta c'è una componente militare, ma in un luogo come la Siria non c'è la possibilità di vincere solo con una vittoria militare: la chiave è la diplomazia». La fede nella diplomazia come strumento di pace è poi quello che anche il segretario generale Ban Ki moon aveva detto aprendo quella che anche per lui è l'ultima Assemblea Generale. A fine ottobre l'Onu eleggerà il nuovo segretario che succederà al sud coreano. Il prossimo settembre avremo un nuovo presidente Usa e un nuovo segretario dell'Onu.
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