«I miei figli erano lì sotto Ho scavato, scavato. Morti»

Sabato 27 Agosto 2016
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Ogni tanto si lascia andare a un pianto, poi torna a darsi da fare. «Devo lavorare, se vado a casa prendo una cosa per dormire». Ha visto 4 terremoti (quello del ‘79 sempre in zona, a L'Aquila, a San Possidonio nel Modenese nel 2012), ha salvato vite come volontario della Protezione civile dei carabinieri con le unità cinofile e anche come infermiere dell'Ares 118 di Rieti. La sua è una storia tragica come le altre se non fosse che è del mestiere e ha capito subito che se il telefono è morto è brutto segno, che si è messo a scavare e ha trovato uno per uno i suoi cari. «Franco era nella sua classica posizione: dormiva abbracciando l'estremità della rete e scostava il letto per far penzolare il piede fuori. Anna era ancora calda, nel letto della mamma».
«Siamo in una zona sismica 1 ma chi se lo immaginava? Quella notte ero a casa a Far Sabina, sono divorziato da poco, i miei figli Franco di 23 anni e Anna di 21 sono rimasti con la mamma ad Amatrice». La prende alla lontana, raccontando minuto per minuto il destino beffardo. «Li ho chiamati ma erano irraggiungibili, ho acceso la tv ho visto del terremoto, ho chiamato il mio amico Gerard, gli ho detto “vado a vedere i miei ragazzi”. E' venuto con me». Fino a via Madonna della Porta 56, dove ha vissuto una vita anche lui.
E' stata Laga, il cane addestrato, a individuare i primi corpi. «E' partita verso un punto, ha abbaiato, mi ha invitato a cercare dove c'era una camera da letto. Ho iniziato a scavare, sono arrivati altri della Protezione civile, i solai erano crollati, sono corso verso un camion, ho preso tenaglie, picconi, mazze. Poi con Gerard Maci e Stefano Pietrangeli, siamo tornati a scavare, senza i miei amici sarei crollato, alternavo momenti di depressione a altri di forza. Il primo corpo che ho trovato è quello della mia ex moglie Lucia, era messa male, ma parlava, rispondeva. Mentre le toglievo i detriti da sopra, ho scorto una coda di cavallo. Era mia figlia». E qui il racconto dettagliato e asettico di Franco si ferma, crolla l'armatura, resta solo un papà distrutto. «Dormivano assieme lei e la mamma». Ma Laga non aveva finito. «Con la zampa invitava a scavare in un altro punto, invece di abbaiare però piangeva. Ho pensato che si era depressa, erano odori troppo familiari». Carlo ha chiesto una ricerca di conferma a un altro cane. «Laga aveva ragione, a pochi centimetri da dove abbaiava c'era un cadavere, era quello di Franco. Con le tronchesi abbiamo tagliato il pezzo di solaio che l'aveva travolto, sotto un foglio di catrame c'era la gamba destra che spuntava, era già freddo, Anna no, caldissima. Li ho accompagnati al primo punto di raccolta».
Carlo non ha perso la lucidità, «gli ho messo subito un cartellino sopra con scritto nome, cognome, data di nascita». Poi si è fermato, un momento di sconforto, «mi sono riavvicinato alla casa, ho visto la mano di mia suocera». Vaga per le montagne portando aiuto, in divisa, le foto dei figli nel telefonino, i ricordi più belli recenti («eravamo a cena 4 giorni fa») e lontani («quando erano piccoli comprai una macchina usata con un gancio e ci attaccammo un carrello tenda: siamo stati in campeggio tanti anni, al Sud, quanto si divertivano». Anna suonava il flauto traverso al Conservatorio a L'Aquila, «era la sua passione, come la mia, a 6 anni già stava nella banda di Nerola». Franco non era entrato a Biologia era deciso di farcela con Veterinaria. «Mi aveva detto: “ti costerà un po' papà”, ma che mi importa amore mio gli avevo risposto». Franco è stato anche l'ultimo nato nell'ospedale di Amatrice, il reparto di ostetricia era stato chiuso nel ‘93 «ma i medici c'erano, fingemmo un'urgenza». Ora della famiglia non c'è più nulla. Intanto ieri era ad Amatrice a recuperare una carrozzina elettrica «per Paolo un ragazzo che non cammina».
Raffaella Troili

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