Grande attesa al Museo Rodin per la sfilata Dior, la prima firmata da Maria Grazia

Domenica 2 Ottobre 2016
Grande attesa al Museo Rodin per la sfilata Dior, la prima firmata da Maria Grazia Chiuri, che fin o alla stagione scorsa era - in tandem con Pier Paolo Piccioli – la stilista di Valentino, prima donna chiamata a gestire la maison più famosa di Francia. “Sono molto, molto stanca – ha esordito la Chiuri – perché la collezione è stata preparata in cinque settimane di poco sonno! Del contesto Dior mi ha impressionato la grandezza degli apparati, il numero di atelier dedicati al pret-à-porter, all'alta moda, ai cappelli. Io sono femminista per Dna (lo era anche mia madre) e quindi in questa collezione ho voluto esaltare le qualità della donna anche nelle discipline più forti, come lo sport, soprattutto la scherma che mi affascina“.
Non a caso in prima fila alla sfilata, accanto a Carla Bruni, Pierre Cardin, Rihanna, c'erano campionesse dello sport tra le quali Bebe Vio, la veneziana star del fioretto alla paralimpiadi. E proprio alla Vio somigliava volutamente una delle modelle uscite con la prima tornata di abiti (e cappelli) decorati con i motivi delle divise delle schermitrici: giustacuore in cotone ricamato, ricami riproducenti a grandezza naturale le api (insetto particolarmente esaltato da Christian Dior che considerava le api “portatrici di serenità e fattività”). Tutti i decori della prossima estate insistono poi su cuori d'oro, stelle, ciondoli, simboli dei Tarocchi, fra cui la “lama” che in qualche modo evoca il mondo della scherma, leit motiv della collezione.
Ritorno ai maestri anche in casa Ungaro: Fausto Puglisi ha giocato sui motivi cari allo stilista che dà il nome alla griffe, soprattutto alle ruches orizzontali e verticali, anche su pelle. Con Chloè invece torna imperioso il “vestivamo alla marinara” e i motivi della letteratura stilistica legata al mare nella bella collezione ci sono tutti: nodi, corde, ancore , usati da Clare Waight Keller per esaltare il concetto di freschezza e di dinamismo che contrassegna questa griffe.
Paco Rabanne, sotto la direzione artistica di Julien Dossena, all'insegna di un “future-sex” (stampato o ricamato su miniabiti estivi) esalta le sue intuizioni futuribili con cascate di cristallo su tuniche in maglia di lamè. Un po' di futuro si legge anche nelle interpretazioni di Courrèges, lo stilista che non ebbe fortuna con l'invenzione della minigonna (che spetta a lui), accolta tiepidamente e assegnata invece dalla storia a Mary Quant.
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