Dal fornaio al profugo: ancora dieci dispersi

Lunedì 29 Agosto 2016
AMATRICE - Nel forno Cicconi di corso Umberto andavano in tanti a comprare il pane e i dolci, dicono che fossero tra i più buoni del paese, «le pizzette all'amatriciana sono fantastiche» scrivono su Tripadvisor. Oggi al posto del forno ci sono solo macerie, polvere e vigili del fuoco. Soprattutto non si trova più Gianni Cicconi, 50 anni, che probabilmente alle 3.36 del 24 agosto stava facendo il pane. I figli lo stanno cercando, con la speranza che fugge via. È una delle storie dei dispersi, un nome e cognome nella tragedia di Amatrice, ma non ancora un cadavere. Il capo della protezione civile Fabrizio Curcio, ha detto a proposito dei dispersi che «dieci è un numero plausibile».
Ma come è possibile che a 5 giorni dal sisma ieri si stessero ancora cercando dei cadaveri? Solo chi non ha visto le immagini di corso Umberto, ad Amatrice, quasi completamente distrutto come in un bombardamento, può fare questa domanda. Per i vigili del fuoco e per quanti, senza sosta, stanno scavando, anche in situazioni pericolose, ora l'obiettivo è non lasciare nulla di intentato. «Secondo me - dice l'assessore Gianluca Carloni - forse coloro che mancano all'appello potrebbero essere meno di dieci, diciamo tra cinque e dieci».
E se Cicconi ad Amatrice lo conoscono tutti, tra chi non si trova ci sono anche alcuni ospiti, visitatori di un paese che d'estate decuplica la sua popolazione. All'Hotel Roma, ad esempio, i vigili del fuoco hanno già individuato tre cadaveri, ma non sono ancora riusciti a recuperarli. E poi nella virtuale lista dei dispersi c'è chi ad Amatrice è capitato per un attorcigliato filo del destino: fuggito da guerre e minacce, pensava di avere trovato finalmente una vita migliore in questo paesino ospitale al centro d'Italia e qui forse è morto, sotto le macerie.
Raccontano alcuni abitanti di Amatrice: «Temiamo che all'inizio di corso Umberto, vicino al supermercato, possa esservi il corpo di uno sfortunato rifugiato politico ospitato dal nostro Comune, aveva anche collaborato a realizzare un murales, pensiamo che venisse dall'Afganistan». Sono le storie tristi di chi non si trova, così distanti tra loro - il fornaio tifoso della Juve, amico del sindaco, conosciuto da tutti, e il rifugiato politico che cercava una vita migliore di cui si sanno solo poche notizie.
M. Ev.
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