CRACOVIA - «Dov'è Dio? Dov'è Dio se nel mondo c'è il male?»:

Sabato 30 Luglio 2016
CRACOVIA - «Dov'è Dio? Dov'è Dio se nel mondo c'è il male?»: è durante la Via crucis con centinaia di migliaia di giovani nel parco Blonia di Cracovia, uno dei momenti più suggestivi della Giornata mondiale della giovedntù, che il Papa si è posto quell'interrogativo sul silenzio di Dio che forse portava nel cuore durante la visita silenziosa della mattina, ad Auschwitz-Birkenau, e lo ha esteso ai peggiori drammi del nostro tempo. Ad Auschwitz, ha detto alla folla il pontefice, «quanto dolore, quanta crudeltà, ma è possibile che noi uomini creati a somiglianza di Dio siamo capaci di fare queste cose? Eh, le cose sono state fatte, ma io non vorrei amareggiarvi ma devo dire la verità, la crudeltà non è finita in Auschwitz e in Birkenau, perché oggi oggi oggi si tortura la gente, tanti prigionieri sono torturati subito per farli parlare, rapiti, oggi ci sono uomini e donne nelle carceri sovraffollate, vivono scusatemi, ma come animali, oggi c'è questa crudeltà».
«Dov'è Dio - ha chiesto - se nel mondo c'è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov'è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov'è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch'essi soffrono a causa di gravi patologie?».
Ad Auschwitz la mano sul Muro della morte, il bacio su uno dei pali delle impiccagioni e la preghiere nella Piazza dell'Appello e nella cella dove è morto di fame Massimiliano Kolbe. E poi le mani strette e gli abbracci caldi con dieci sopravvissuti della Shoa. A Birkenau il procedere lungo la fila delle 23 lapidi nelle lingue delle vittime, sostando di tanto in tanto, fino all'ultima, vicino alla quale depone una lampada. E - prima di salutare 25 giusti delle nazioni - in raccoglimento mentre il rabbino capo della Polonia, Michael Schudrich, intona il salmo «Dal profondo grido a te Signore», subito dopo letto in polacco dal parroco di Markowa. Come aveva annunciato, Papa Francesco ha scelto il silenzio nella sua visita a Auschwitz-Birkenau, la terza di un papa, dopo quelle di Wojtyla nel 1979 e di Ratzinger nel 2006. Chi visita Auschwitz, il più grande dei lager in cui i nazisti hanno sterminato milioni di persone, con l'obiettivo di eliminare l'intero popolo ebraico, viene colpito in particolare dai poveri resti raccolti e esposti per non dimenticare: i capelli, unico residuo dei corpi, e gli oggetti quotidiani dei deportati. A Birkenau a colpire come uno schiaffo sono i resti delle ciminiere, e la pianta del crematorio, un complesso organizzato tra spogliatoi, camera a gas, luogo per eliminare i documenti delle vittime, archivio. È parso a papa Francesco che non servisse ripetere parole di angoscia, sgomento e condanna, come quelle pronunciate da Giovanni Paolo II e dal suo successore tedesco, Benedetto XVI, e che fosse preferibile pregare e tacere davanti all'orrore. Sicché le uniche parole di questa sua visita resteranno quelle che ha scritto sul libro d'oro di Auschwitz, «Signore abbi pietà del tuo popolo, Signore, perdona tanta crudeltà».

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