«Corsi di addestramento, sacrifici, esercitazioni, impegni. Ne è valsa

Venerdì 26 Agosto 2016
«Corsi di addestramento, sacrifici, esercitazioni, impegni. Ne è valsa la pena. Eccome! Fosse stato anche solo per lei. Non c'è medaglia che tenga. Non c'è premio in denaro. Quando ha aperto gli occhi e con la sua esile vocina e ha chiesto di bere perché aveva sete, lo stress, la fatica, la stanchezza sono state cancellate. Quella piccolina ha riempito di senso l'essere venuti qui». A parlare è il dottor Nicola Bortoli, quarantenne mestrino, residente a Padova, che insieme all'infermiere Daniele Pomiato, 35 anni, sempre di Mestre, ha contribuito a salvare Giorgia, la bimba di 6 anni, estratta viva dalle macerie della sua casa di Pescara del Tronto a distanza di 17 ore dal sisma che ha raso al suolo la frazione di Arquata nel Piceno. Entrambi appartengono al Suem 118 di Mestre, diretto da Paolo Caputo, e sono fra i componenti dei nuclei Usar dei vigili del fuoco di Venezia, le squadre di élite, specializzate nella ricerca delle persone sotto le macerie.
Insieme ai pompieri del comandante Loris Munaro, sono partiti con la colonna mobile del Nordest, sotto la direzione di Fabio Dattilo, responsabile interregionale del Corpo per il Veneto e il Trentino e ora ad interim anche del Friuli Venezia Giulia. «Ci siamo messi al lavoro appena arrivati, verso le 17 di mercoledì - racconta Bortoli - e non ci siamo mai fermati. Immersi in uno scenario spettrale. Abbiamo individuato diverse persone ma senza vita e quando è spuntato quel piedino e ci siamo resi conto che la bimba respirava e rispondeva agli stimoli, l'adrenalina ha fatto il resto».
La traccia l'aveva individuata il cane Greta dell'Unità cinofila dei pompieri di Pordenone. «Le abbiamo praticato un accesso venoso alla caviglia per idratarla. Era a testa in giù sepolta nella sabbia. Sopra il corpo della sorellina più grande che non purtroppo non è sopravvissuta, e che probabilmente le ha fatto da scudo. Non è stato facile raggiungerla e liberarla. Quando l'abbiamo presa in braccio è come se si fosse risvegliata da un lungo sonno. Ripeteva che voleva acqua. Poi l'hanno portata in ospedale, a preoccupare il trauma toracico da schiacciamento che ha riportato nel crollo. So che i suoi genitori era stati soccorsi in mattinata e ricoverati in due strutture distinte. Per lo meno ora la famiglia è quasi ricomposta. Certo manca la primogenita e nessuno può spiegare a parole il senso di frustrazione che si prova quando devi accettare che la morte è stata più veloce di te».
Già il tempo. Che come nel mito mangia le sue creature. Una sfida continua con l'uomo. La telefonata termina. Bortoli, con i suoi compagni deve riprendere la lotta. La pausa è finita. Si torna a cercare. Scavando con le mani nude. Calpestando sassi e calcinacci che fino a 24 ore prima erano abitazioni, rifugi, focolari domestici e che per tante, troppe persone in pochi secondi si sono trasformate in trappole mortali.
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