C'è tutta un'atmosfera, tra gli stand, il palco e il backstage della kermesse

Domenica 25 Settembre 2016
C'è tutta un'atmosfera, tra gli stand, il palco e il backstage della kermesse grillina, riassumibile così, un po' alla maniera di J-ax, Fedez e Rovazzi: «Dopo Roma, andiamo a comandare alla Regione Sicilia». L'isola come mito fondativo e come l'Italia che verrà. Beppe Grillo lo grida al microfono: «È nato tutto qua, la Dc di Andreotti ma anche Forza Italia».
Parte qualche fischio, e lui imitando il berlusconiano Miccichè: «Il 61 a zero l'ho fatto io...». Qui i grillini sentono profumo di vittoria nelle regionali della prossima primavera. Cercano di esportare i frutti di una esperienza di governo a Roma, mal cominciata, oltre lo Stretto. Poi andrà come andrà. Ma un dato è certo: un movimento-partito che ha il cervello al Nord, nello studio Casaleggio & Associati di Milano, più la dependance rappresentata dalla villa genovese di Grillo che oltretutto non è mai stato eletto in una sede istituzionale, e che ha riscosso i suoi primi successi nel Settentrione (vedi Parma), adesso va alla conquista della più importante regione meridionale. «Il grillismo in Sicilia ricorda per certi aspetti il berlusconismo del ‘94 fino al 61 a zero», spiega Salvatore Lupo, storico palermitano e autore tra l'altro di “Partito e anti-partito” (Donzelli). Ovvero, professore? «Anche Berlusconi, come Grillo e Casaleggio, veniva dal Nord. E sfruttò lo sbandamento della Sicilia, travolta nei primi anni ‘90 dal crollo del sistema politico vigente, per mietere grandi successi. Ma questa è una replica, con una particolarità inedita: non solo il cervello pentastellato sta a Milano e le braccia da noi, ma al contrario di quanto accadde con Berlusconi, che era un personaggio notissimo grazie alla tivvù, non si sa bene chi siano quelli che tirano le fila del movimento. C'è un aspetto misterioso, è un rapporto non apparente tra la leadership e le masse. Ma chi è Casaleggio? Ne è morto uno e ne è arrivato un altro. Ma chi lo ha mai visto in faccia, se non mezza volta, Casaleggio junior».
E tuttavia, sembrano raccogliere in pieno la protesta che è forte i grillini. Sfruttano il disagio economico che è pazzesco con un 70 per cento di disoccupazione giovanile. Parlano di reddito di cittadinanza che è occasione ghiotta in una terra dove l'assistenzialismo classico non è più proponibile. Si giovano dell'estrema debolezza del centrosinistra e del centrodestra. Dunque il 61 a zero stavolta lo faranno i pentastellati?
«Ma figuriamoci», dice uno che se ne intende, proprio il berlusconiano Gianfranco Miccichè: «Non credo affatto che dopo Roma conquisteranno la Sicilia. Anzitutto per un motivo tecnico: alle regionali non c'è il ballottaggio e loro vincono solo quando c'è la sfida finale due». Il che è abbastanza vero, ma il marketing della protesta e del cambiamo tutto, nonostante le non buone prove di governo nei comuni che già amministrano, trova in Sicilia un mercato particolarmente sensibile.
Spiega il demografo Alessandro Rosina: «Dove lo scontento è più alto e la classe politica territoriale è più screditata, il successo M5S è più facile. In Sicilia il messaggio grillino fa particolarmente presa perché la crisi economica, il disagio sociale e l'assenza di prospettive personali e collettive mordono con una intensità più forte che al Nord. Dove oltretutto l'amministrazione locale, che in molti casi funziona, agisce come un calmiere sociale e politico che in buona parte del Sud non c'è più». In questa terra, però, l'impronta nordica potrebbe diventare un problema elettorale per i 5 stelle, se non ben nascosta.
Qui appena arriva il Dibba gli gridano: «Siamo precari. Vogliamo un lavoro». E lui: «Ma certo....». C'è nel pratone uno spaccato della base sociale siculo-grillante: neo-laureati senza lavoro, impiegati pubblici che non possono più succhiare il latte di Mamma Regione, forestali senza posto e ragazzi senza futuro. Vedono in Grillo la rivolta e la rivoluzione.
Un siciliano di razza sopraffina, lo scrittore Vitaliano Brancati, avrebbe potuto spiegare loro: «La nostra civiltà è sempre conformista, in modo particolare quando si atteggia a rivoluzionaria. Le rivoluzioni italiane consistono in un colpo di mano per mettere sul trono un nuovo Luogo Comune». Quello della rivolta salvifica ma anche di tipo conservatore, di nuovi Vespri siciliani ma confezionati ad altre latitudini.
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci