Amatrice, il paese che non c'è più «Ora ricostruire»

Giovedì 25 Agosto 2016 di «Qui tutto è finito». Sono venute giù anche le case ristrutturate di recente, secondo le norme antisismiche
Amatrice, il paese che non c'è più «Ora ricostruire»
Un carabiniere tiene in braccio un bambino di cinque anni più disorientato che spaventato, chiede alla protezione civile dove può portarlo, vicino la madre del piccolo ripete: «Non abbiamo più niente, un boato, tremendo, e tutto è finito». Corso Umberto non c'è più, non c'è più il forno dove arrivava il profumo buono del pane, non ci sono le chiese di Sant'Agostino e San Francesco, si è frantumato l'hotel Roma, nella via parallela, famoso in tutto il mondo per la sua amatriciana, ora solo un mucchio di pietre dove si cercano ancora settanta ospiti. Verso sera vengono trovati cinque cadaveri, ma si continua a scavare. Da una delle case del corso i soccorritori, all'alba, arrivati tempestivamente per quanto è possibile arrivare in fretta quassù, hanno trattenuto le lacrime a fatica, quando hanno portato fuori un bimbo di nove mesi e la madre, entrambi morti.
Ad Amatrice, ultimo lembo del Lazio al confine con Abruzzo e Marche, sono crollate anche le case che erano state riparate, nel 2009, rispettando le norme anti sismiche. Piazza Sagnotti è fuori dal centro, le belle case a due piani sono degli anni Ottanta, ma sono frantumate, sotto decine di cadaveri, intere famiglie. Stefano Leonetti, 58 anni, era nell'unica delle palazzine che ha resistito: «Un miracolo, le pareti hanno tenuto, sono rimasto intrappolato, ma le vede le altre case come sono ridotte? Un boato infernale. Qui passa la faglia, là quella villa, nel 2009 era stata dichiarata inagibile dopo il terremoto dell'Aquila, erano stati fatti i lavori di adeguamento alle norme antisisimiche. Eppure, eccola, è crollata. E' stata una scossa troppo forte». Seduto sulla panchina c'è un uomo di 40 anni, Luigi, corso dall'Aquila quando ha sentito il terremoto, è entrato tra le macerie della casa, ha salvato la madre, ma per il padre non c'è stato nulla da fare. La gru abbatte un pilastro di cemento per consentire ai soccorritori di entrare nelle case, dopo un poco però un uomo della protezione civile va a recuperare delle coperte, c'è un cadavere da coprire.
Sergio Pirozzi, il sindaco, allenatore del Trastevere Calcio come professione, per tutto il giorno ha ripetuto disperato «metà di Amatrice non c'è più», alla sera ha le lacrime agli occhi, ma anche un riflesso di speranza e orgoglio negli occhi, «dobbiamo ricostruire il nostro centro storico, deve tornare come prima». Renzi lo ha abbracciato, Zingaretti gli è stato vicino tutto il giorno, pensare che aveva minacciato la secessione dal Lazio quando volevano chiudergli l'ospedale, ma è stata una vittoria inutile, perché ora è crollato, i pazienti sono stati evacuati, chissà se riaprirà mai. Attorno a lui, con il buio che avanza, un migliaio di persone raccolte nelle tendopoli, continuano a scavare i soccorritori, in silenzio per potere udire il grido di aiuto da sotto le macerie. Purtroppo verso sera ritrovano un cadavere, un bambino di undici anni, perché in questa tragedia sono morti molti minori, molti ragazzi, famiglie arrivate soprattutto da Roma a trascorrere gli ultimi giorni felici di agosto. Normalmente Amatrice e le sue 69 frazioni ha 2.700 abitanti, in questo periodo erano 40mila. Sabato e domenica avrebbe dovuto esserci la sagra degli spaghetti all'amatriciana, cinquantesimo anniversario, feste per tutta la settimana, ecco perché c'erano tanti giovani e molti di loro sono sotto le macerie. Ecco perché molti romani sono tra le vittime, perché qui hanno la seconda casa e ci vengono in villeggiatura, come Tiziana Lo Presti, 60 anni. Il terremoto delle 3.36 l'ha sorpresa e uccisa, oggi sarebbe stata al lavoro, perché era una operatrice della protezione civile proprio dell'area che interviene per i terremoti. Un'altra donna, Natalia Encolpio, vaga tra il palasport, dove sono stati portati i feriti, e la scuola alberghiera, dove è stata allestita una camera mortuaria. «Mia madre Elsa e sua sorella Cosima, 83 e 85 anni, erano in una casa appena ristrutturata, al terzo piano, in corso Umberto. E' crollata, quando sono arrivata ho visto lo scheletro della struttura dell'ascensore e ho capito che era successo qualcosa di terribile. Ormai non spero più di trovarle vive». Sempre in quel palazzo un uomo dormiva con la figlia piccola: l'altro figlio era stato mandato dai nonni e si è salvato, la bambina era rimasta con il padre, ed è morta.
Ad Amatrice s'inseguono le urla, i singhiozzi, i racconti, tra le vittime c'è il figlio del questore di Frosinone, parenti di carabinieri, familiari di chi lavora nella protezione civile, è un intreccio di storie, che corre in un paese spezzato in due, perché l'unico vero collegamento tra il segmento che si affaccia dalla parte dell'Aquila e quello che invece è verso Rieti era corso Umberto. E di lì non lasciano più passare, perché è pericoloso. E' sera, comincia a fare freddo, chi non ha più una casa va nelle tende, molti romani, quelli che si sono salvati, tornano a casa. «Noi non ci arrendiamo - ripete Pirozzi - da domani mi dimetto da allenatore, lascio la mia professione, ora devo solo pensare alla mia città. E alla mia gente».
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