Un periodo di consultazioni sul cambio a Palazzo Chigi che fosse giudicato troppo

Martedì 6 Dicembre 2016
Un periodo di consultazioni sul cambio a Palazzo Chigi che fosse giudicato troppo lungo, potrebbe innescare il temuto rovesciamento, provocando una reazione a catena che rapidamente si estenderebbe ai valori azionari come ai titoli di Stato.
I mercati sono molto più semplici di quanto si possa immaginare, sono basici, diretti. Di là dei meccanismi sofisticati che nel tempo hanno elaborato per moltiplicare l'operatività e le opportunità di guadagno, la loro dinamica è persino banale: pronti a comprare se l'affare conviene, venditori netti se avvertono un refolo di incertezza. Già ieri chiedevano risposte certe, esigendo garanzie sulla governabilità del Paese: lo scivolone inflitto ai titoli delle banche è solo un avvertimento. Per questo la tabella di marcia che filtra da Quirinale, secondo cui l'incarico per il nuovo governo verrebbe affidato entro il fine settimana, suona di buon auspicio sebbene la possibilità che la grande speculazione faccia sentire la sua voce minacciosa è tutt'altro che sfumata.
Sia chiaro, l'idea diffusa dal Financial Times per cui «l'Italia incombe sull'Unione europea più della Brexit» appare molto sopra le righe, ben oltre ogni ragionevole valutazione: l'Italia non è la Grecia, e non sarà certo il peso del debito pubblico, pure molto gravoso, a determinare il suo destino, tanti sono gli argomenti a favore che vi si oppongono sia per la qualità del suo apparato produttivo sia per le non modeste risorse (liquide e non solo) di cui dispongono i suoi cittadini. Nondimeno, la ventata populista che si va manifestando e una ripresa ancora troppo gracile, sommata a necessità di rifinanziamento del debito che per il 2017 si profilano ancora corpose, sono un ghiotto invito per la speculazione internazionale più aggressiva, quella delle varie Goldman Sachs che in passato ha provato a tenere testa anche al potente scudo della Banca centrale europea.
Perciò, chiunque verrà investito del mandato di premier dovrà fare molta attenzione a non mischiare le carte in tavola, a confondere i mercati, a concentrarsi esclusivamente sulla nuova legge elettorale. Anche perché, a parte la manovra di bilancio che comunque dovrà essere approvata entro l'anno, sarà subito chiamato ad affrontare il delicatissimo dossier delle banche, che se non verrà seguito con la massima attenzione rischia di compromettere l'idraulica finanziaria del sistema produttivo nazionale pregiudicando il consolidamento della ripresa proprio nel momento di maggiore urgenza.
Non bastasse il caso Mps, costretto dalla Vigilanza europea a ricapitalizzare per 5 miliardi solo per necessità virtuali (la causa non sono carenze patrimoniali oggettive, bensì la risultante di stress test concepiti con criteri lunari) e faticosamente alle prese con una non facile ricerca di investitori istituzionali, giovedì scorso una sentenza del Consiglio di Stato che invalida parzialmente la riforma delle banche popolari ha reso più precaria (come dimostrano i crolli in Borsa di ieri) la tenuta patrimoniale degli istituti di settore. E se quanto prima il varco aperto dal Consiglio di Stato non verrà sanato con un provvedimento del nuovo governo che legittimi l'operato della Banca d'Italia in materia di recesso, decine di migliaia di azionisti degli istituti popolari rischiano di restare intrappolati a lungo - quantomeno fino a quando la Corte Costituzionale non avrà sentenziato a sua volta - in un limbo che può solo produrre danni ai risparmi investiti.
Chiunque può comprendere che in assenza di un governo in carica - e soprattutto forte di un consenso autentico - tutto diventa più difficile; a maggior ragione se nei casi estremi (il riferimento non è solo alle banche) si cominciano a paventare piani di nazionalizzazione. E i mercati, dei quali non puoi fare a meno quando il debito dello Stato è ingente, sono lì con il fucile spianato pronti a sparare le loro bordate.
Per questo il nuovo governo dovrà agire con determinazione paradossalmente persino superiore a quello che l'ha preceduto. Pena, fra l'altro, l'ulteriore indebolimento della posizione italiana nella trattativa avviata a Bruxelles sulla manovra di bilancio, dove ieri si sono visti levare la testa alcuni falchi tedeschi in appoggio agli apparati dell'euroburocrazia.
Osvaldo De Paolini
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