Banche venete, i veri errori e le accuse sbagliate

Lunedì 26 Giugno 2017
(...) Intesa SanPaolo si fa carico della parte buona, e già il fatto che ci sia una (consistente) parte buona dovrebbe far riflettere. Ma è insensato - questo sì - prendersela con Intesa o addirittura accusarla di aver «fatto l'affare del secolo». È una banca, fa gli interessi dei suoi azionisti e li sa fare molto bene: le è stato chiesto di prendere in mano la patata bollente e ha detto chiaro e tondo che l'avrebbe fatto solo a determinate condizioni, secondo logiche di mercato che razionalmente non possono essere messe in discussione. Peraltro, non va dimenticato che sull'altare del salvataggio delle banche venete, Intesa ha visto già svanire un miliardo di euro che aveva messo un anno e mezzo fa nella cordata di Atlante. Quali colpe le si possono addossare?
Il punto è un altro. Perché si è arrivati in questa strada senza altra via d'uscita, dopo due anni? Perché le banche venete sono state lasciate colpevolmente sole e inermi per tutti questi mesi. Abbandonate dalla politica italiana e dalla politica europea. E ignorate dalla gran parte della classe dirigente del territorio.
Il progetto di fusione è stato presentato un anno fa, che nel mondo della finanza equivale a un'era geologica. È stato bocciato? È stato promosso? No: è stato lasciato in un limbo insieme al management, ai dipendenti, agli azionisti, ai correntisti, agli obbligazionisti di queste due banche. È stata colpevolmente lasciata incancrenire una situazione già minata dagli errori e dalle colpe della passata gestione, da una reputazione che ha continuato ad essere demolita in alcuni casi con accentuazioni masochistiche, da una progressiva fuga di depositi che è stata perfino meno grave di quel che sarebbe stato lecito attendersi.
Per mesi il governo italiano è stato assente. Non meno della classe imprenditoriale locale che certamente non è esente da responsabilità gravi nel disastro delle due banche. Si è consentito che Bruxelles facesse il buono e il cattivo tempo, senza colpo ferire. Tutti fermi, immobili. Fino a che la situazione è divenuta insostenibile. Tre anni fa, la Germania ha messo al riparo le sue banche senza neanche discutere con l'Europa. Meno di un mese fa, la Spagna ha risolto la rogna del Banco Popular in un weekend. Perfino la Croazia, che è in Europa ma non ha l'euro, venerdì ha ottenuto la proroga degli aiuti di Stato approvati nell'ottobre 2016 per i suoi istituti bancari in crisi. L'Italia, invece, ha dormito. Non ci si può meravigliare, quindi, se il risveglio è peggiore dell'incubo.
Ario Gervasutti
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