ACCORDO CETA
IL BICCHIERE
MEZZO PIENO
L'accordo commerciale UE-Canada o

Martedì 18 Luglio 2017
ACCORDO CETA
IL BICCHIERE
MEZZO PIENO
L'accordo commerciale UE-Canada o CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) sta suscitando un vespaio di polemiche, alcune, a mio avviso, assai populiste specie se si pensa, sbagliando, di risolvere i nostri problemi del settore agroalimentare con aprioristiche chiusure autarchiche che invece di difendere le nostre aziende vanno a condannarle a morte certa. Così sulle sponde opposte delle barricate si trovano le due principali organizzazioni di categoria, la Coldiretti, contraria e la Cia, favorevole. Il trattato, che, come sempre, è frutto di mediazioni e compromessi, è finalmente un punto fermo e, a mio parere, offre opportunità sinora impensabili ai produttori italiani, stante l'abbattimento degli esosi dazi che ci soffocavano, perchè dà regole certe e chiare con la possibilità di migliorie in corso d'opera.
Ad esempio, frutta e verdura potranno essere esportate in Canada con procedura fast-track per prodotti prioritari godendo al contempo di una migliore cooperazione in termini di misure sanitarie e fitosanitarie. Vengono tutelati in modo rigido 41 nostri prodotti, tanti sui 173 complessivi europei, con possibilità di integrare la lista man mano, per cui avremo una tutela non solo per la cessazione di pratiche scorrette da parte dei produttori canadesi ma anche sui prodotti d'importazione con controlli e sanzioni. Il settore lattiero-caseario, ad esempio, vedrà salire le quote di export da 14mila a oltre 32mila tonnellate garantendo un accesso mai prima così privilegiato al ricco mercato canadese. Lo stesso settore vitivicolo avrà, con la tutela delle DOC e DOCG, nuovi strumenti per abbattere le pratiche scorrette oltre a decisive migliorie fiscali. L'accordo commerciale rappresenta senza dubbio il classico bicchiere mezzo pieno ma l'alternativa non era il bicchiere mezzo vuoto, era non avere neanche il bicchiere.
Vittore Trabucco
VENEZIA
ACCESSO LIBERO
PER I VENETI
Da quanti anni sentiamo parlare di contingentare i flussi turistici a Venezia? Ne abbiamo perduto il conto. Nonostante fiumi di ciacole, non se ne è mai fatto nulla, forse perché gli interessi in gioco sono giganteschi, a partire dall'accesso delle grandi navi. Così la città, anno dopo anno, sta di fatto collassando fra sporcizia, rifiuti, bivacchi, bagni in laguna. L'ultima pensata sembra una card per accedere su prenotazione in Piazza San Marco, ed un ticket per le isole. Visti i precedenti, ritengo che se ne parlerà fino a settembre, per poi rimandare il tutto alla prossima estate. In tutte queste sterili discussioni si è sempre sorvolato sul tema dei cittadini veneti, e dei loro diritti. Che a mio avviso sono quelli di non essere equiparati alle orde di visitatori provenienti da tutti i continenti. Io credo che agli indigeni, cioè a chi in Veneto vive, debba essere garantito il libero accesso al proprio capoluogo ed ai suoi monumenti, senza alcuna limitazione. E mi aspetterei che la pensassero così anche coloro che abbiamo eletto a rappresentarci nelle Istituzioni.
Umberto Baldo

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