Scatta la corsa di Valls all'Eliseo

Martedì 6 Dicembre 2016
Scatta la corsa di Valls all'Eliseo
«Niente è scritto» martella Manuel Valls. Non è scritto che la sinistra francese debba per forza essere massacrata alle prossime presidenziali, non è scritto che l'estrema destra di Marine le Pen sia già qualificata al ballottaggio per l'Eliseo, e non è scritto che François Fillon sia il prossimo presidente della Francia. Non era nemmeno scritto che François Hollande rinunciasse, né che Valls si candidasse al posto del suo presidente. I giochi da ieri sono fatti. Valls ha scelto il grande salone delle cerimonie del Municipio di Evry, lo stesso in cui sei anni fa ha sposato la violinista Anne Gravoin, per ufficializzare la sua candidatura. Oggi presenterà le dimissioni a Hollande: ex premier, neo candidato. Davanti a lui una missione per molti impossibile: far dimenticare i toni spesso brutali e il suo socialismo disinvolto, riunire una gauche mai così a pezzi, vincere le primarie a fine gennaio, e portare la sinistra almeno - fino al secondo turno delle presidenziali. A una vittoria finale ci credono pochissimo anche i più entusiasti. Ma appunto: rien n'est écrit. Per il primo discorso da candidato, Valls ha scelto di partire da dove tutto era cominciato, da Evry, grossa cittadina della banlieue sud di Parigi, bastione della sinistra: è il suo feudo elettorale, qui è stato sindaco dal 2001 al 2012. Ma non basteranno i 26 chilometri che separano la popolare, giovane, multicolore Evry da Parigi, per far dimenticare agli elettori e agli avversari che il neo candidato è stato fino a ieri premier, che del mandato di Hollande, il più impopolare presidente della Quinta Repubblica, è complice se non correo. Ieri Valls ha avuto per il presidente parole di «affetto e emozione». Ma per molti la sua candidatura suona come un tradimento. Non è escluso che i vertici del partito e con la benedizione di Hollande stiano cercando di tirare fuori dal cilindro un altro candidato da lanciare nella corsa e rendergli la missione già difficilissima davvero impossibile. Ieri si rincorrevano voci di una possibile candidatura dell'attuale ministra della sanità Marisol Touraine o dell'ex ministra della Giustizia Christiane Taubira. Niente è scritto, di nuovo. Valls comunque non si tirerà indietro, anche se il primo obiettivo è proprio quello di combattere la battaglia delle primarie senza troppa violenza: l'unità innanzitutto, perché senza unione, la sinistra non ha speranze. Non a caso lo slogan di campagna, scritto ieri sulla tribuna del primo discorso sarà: far vincere quello che ci unisce. Valls si è detto paladino di «una Francia indipendente, inflessibile sui suoi valori di fronte alla Cina di Xi Jinping, alla Russia di Vladimir Putin, all'America di Donald Trump e alla Turchia di Erdogan». Poi subito un assaggio di quello che potrebbe essere il combattimento con Fillon: «Con questo candidato, con il suo programma, con le sue vecchie ricette anni '80, la destra ci presenta come progresso quello che è un enorme passo indietro dal punto di vista sociale». Ma prima di battagliare con la destra, è con la sua sinistra che Valls dovrà vedersela. Dovrà far dimenticare che fino a qualche mese fa parlava di «sinistre inconciliabili». «Ho potuto usare parole dure, provocato dibattitti o incomprensioni, ma ho sempre rispettato le decisioni collettive ha detto Valls Siamo diversi ma siamo insieme. Ognuno dovrà fare uno sforzo, io per primo. La mia candidatura è quella della conciliazione, anzi della ri-conciliazione». La campagna intestina alla sinistra comincerà dopo il 15 dicembre, giorno ultimo per candidarsi alle primarie. Intanto Hollande cerca il nuovo premier. Dovrebbe annunciarlo già oggi. Il nome più ricorrente è quello del ministro dell'interno Bernard Cazeneuve, ma anche Jean-Yves Le Drian, adesso alla Difesa o Michel Sapin, all'Economia, potrebbero essere chiamati a traghettare la Francia fino a maggio. Il nuovo esecutivo dovrà anche rinnovare lo stato d'emergenza (decretato la sera del 13 novembre 2015 mentre era ancora in corso l'assalto al Bataclan) che Hollande vuole prorogare fino alle presidenziali, ma che decade automaticamente quindici i giorni dopo la caduta di un governo.
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