«Non c'è un amico di Israele più fedele di Donald Trump». Sorride

Giovedì 16 Febbraio 2017
«Non c'è un amico di Israele più fedele di Donald Trump». Sorride
«Non c'è un amico di Israele più fedele di Donald Trump». Sorride a pieno volto Netanyahu al termine della conferenza stampa che ha appena tenuto a fianco del presidente americano. I due hanno appena ricordato il «legame indistruttibile» che unisce Israele agli Usa, e ora si apprestano a sedere con le relative delegazioni per dare corpo alla ritrovata amicizia. Il confronto con l'ultima visita quasi due anni fa, è stridente. Netanyahu arrivò allora a Washington alla vigilia della firma dell'accordo sul nucleare iraniano. Obama lo trattò con freddezza, innervosito dall'invito che i repubblicani avevano fatto al primo ministro israeliano di pronunciare un discorso in Congresso sulla materia. Netanyahu ricambiò la scortesia, con un'arringa anti-iraniana che suonò come un'ingerenza indebita, nel bel mezzo di una visita ufficiale.
Tre giorni prima del suo arrivo nella capitale americana il premier israeliano ha perso un importantissimo punto d'appoggio con le dimissioni dell'ex generale Mike Flynn dalla poltrona di consulente presidenziale per la Sicurezza Nazionale. Flynn negli ultimi anni ha sviluppato un'avversione ossessiva per il regime di Teheran, e sarebbe stato il miglior alleato di Israele nella trattativa di vertice per la modifica del trattato, che Trump ha promesso di avviare. Al suo posto c'è invece la presenza rassicurante in prima fila nella platea di Jared Kushner. «Posso dirlo in pubblico che ci conosciamo da quando eri un bambino?» gli ha sorriso l'ospite, che vanta un lungo e solido rapporto di amicizia con i genitori di Jared.
Sarà il giovane genero di Trump a condurre le trattative per la riapertura di un accordo di pace tra Israele e la Palestina. «Ci vorranno concessioni da entrambe le parti» ammonisce Trump. «Diciamo che almeno questo è un punto di inizio» risponde Netanyahu, che tiene diritta la barra sul riconoscimento da parte di Abbas dello stato di Israele, e del controllo della sicurezza per il suo stato della zona ad ovest del fiume Giordano. L'atmosfera è distesa tra i due, i sorrisi allargano le labbra, e le strette di mano sono frequenti.
Trump ha promesso in piena campagna elettorale che avrebbe ristabilito il primato dell'amicizia tra i due paesi e l'arrivo di Bibi e di sua moglie Sara è il coronamento dei desideri di tanti ebrei conservatori d'America che avevano sofferto durante la presidenza di Obama l'incomprensione e l'astio che aveva dominato al vertice della diplomazia tra i due paesi.
Melania è eccezionalmente giunta da New York a Washington a completare il quadro di un incontro tra due coppie affiatate, e siede dirimpetto a Sara Netanyahu, che Trump aveva fatto poco cerimoniosamente alzare in piedi durante la conferenza stampa, per ricevere l'attenzione del pubblico.
I due leader hanno un asso nella manica che il premier israeliano ha anticipato nell'incontro stampa, prendendo in contropiede lo stesso Trump. Le dinamiche della guerra all'Isis e dell'intervento in Siria hanno disegnato una nuova mappa dei rapporti internazionali, nella quale c'è un maggior consenso anti-iraniano all'interno del mondo arabo.
Nell'ambizione dei due leader c'è l'idea che un accordo su Israele e la Palestina potrebbe precludere ad un trattato più vasto, che possa riportare la pace e la sicurezza nell'intera regione. La premessa però è quella di un asse rafforzato tra gli Usa e lo stato ebraico, che non apre molte speranze per la disponibilità palestinese a dividere gli stessi traguardi.
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