Kerry a Israele: «Sicuri solo con due Stati»

Giovedì 29 Dicembre 2016
Kerry a Israele: «Sicuri solo con due Stati»
Il segretario di Stato John Kerry ha fama di essere il più diplomatico dei diplomatici. Ma ieri mattina ha messo da parte ogni indugio e con un discorso di oltre un'ora ha riepilogato senza peli sulla lingua i 4 anni di lotta per cercare la pace fra israeliani e palestinesi, e ha mandato un ammonimento: «Non ci sono alternative alla soluzione dei due Stati, e non bisogna perdere la speranza di ottenerla». Ma, ha aggiunto, «sempre di più il futuro di Israele viene definito dall'agenda dei coloni», e la situazione sul terreno «punta verso la creazione di un solo Stato», e se ciò avverrà «non ci sono possibilità che un solo Stato israeliano possa essere allo stesso tempo sicuro e democratico».
Sono almeno due anni che Kerry voleva fare questo discorso e che Obama glielo faceva rimandare per non gelare ulteriormente i già algidi rapporti con il premier Netanyahu. Ma dopo l'astensione Usa al Consiglio di Sicurezza su una risoluzione di condanna degli insediamenti, l'Amministrazione è stata fatta bersaglio «di attacchi straordinariamente roventi e accuse di complotto». Ed ecco dunque il via libera allo sfogo di Kerry, i cui interlocutori principali erano gli israeliani e soprattutto Donald Trump, che nelle ultime due settimane ha alzato il tiro contro Obama intervenendo in politica internazionale e assumendo toni molto duri proprio sulla questione mediorientale.
Prima che Kerry facesse il suo discorso, Trump aveva protestato via tweet che Israele venga trattato con «sdegno e mancanza di rispetto», e promettendo un trattamento diverso dal 20 gennaio, data del suo insediamento. Immediato il tweet di risposta di Netanyahu, che lo ha ringraziato per l'amicizia. Ma Obama risponde cercando di mettere paletti: ieri ad esempio, su un altro fronte caldo, il Washington Post ha rivelato che il presidente prepara sanzioni e azioni segrete contro Mosca per le interferenze nelle elezioni. E per evitare che Trump poi le cancelli, Obama starebbe apprestandosi a dichiarare il sistema elettorale «parte essenziale delle infrastrutture del Paese», e quindi la pirateria russa sarebbe stato un attacco al cuore degli Usa.
Tutte le Amministrazioni uscenti cercano di strappare qualche conquista dell'ultimo minuto, e quelle entranti storcono il muso. Ma oggi stiamo assistendo a un inacidirsi quasi senza precedenti fra chi esce e chi subentra. E stiamo effettivamente per entrare in una nuova era per quanto riguarda i rapporti fra Usa e Israele. Un'era che rinnega gli sforzi di Kerry.
Basti pensare che l'ambasciatore scelto da Trump, David Friedman, è molto vicino all'agenda dei coloni e anzi ha finanziato proprio quegli stessi insediamenti di cui la risoluzione Onu è così critica. Neanche un'ora dopo il discorso di Kerry, da Israele il premier Benjamin Netanyahu ha risposto lamentandone il tono univoco, «critico solo contro Israele», e accusando Obama di condurre un gioco pericoloso. In realtà, Kerry aveva attaccato anche i palestinesi, elencandone gli atti di terrorismo, il ricorso ai social media per sostenerlo, l'ipocrisia delle condanne a voce dei terroristi «per poi glorificarli, intitolando loro i nomi delle strade e delle piazze»..
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