Michael Cox: «Andiamo verso un compromesso nella trattativa con l’Ue»

Venerdì 9 Giugno 2017 di Marco Ventura
Michael Cox: «Andiamo verso un compromesso nella trattativa con l’Ue»
Adesso Theresa May «dovrà essere più flessibile nelle trattative sulla Brexit». Michael Cox, professore emerito di Relazioni internazionali alla London School of Economics, legge il consenso per il premier e leader conservatore alla luce del negoziato con la Ue. «La May potrà accettare pure un compromesso e magari dire: non bastano due anni per l’accordo, ce ne vogliono tre». 

Quali i nodi con la Ue?
«Tre. I diritti dei tanti cittadini dell’Unione europea che vivono in Gran Bretagna, e dei britannici che vivono nella Ue, e qui non vedo soluzioni facili. Il secondo: quanto deve Londra alla Ue prima di andarsene, e c’è nella Camera dei Lord chi dice addirittura nulla. Il terzo: le frontiere, in particolare tra Gibilterra e Spagna e tra Irlanda e Regno Unito».

Pessimista o ottimista?
«Entrambi. Pessimista perché da tutte e due le parti c’è chi vuole un negoziato duro. In Europa si vuole far pagare un prezzo molto alto per la Brexit, e dimostrare a tutti i membri della Ue che divorziando si sta peggio, non meglio. Questo atteggiamento è inquietante. Quale governo a Londra potrà mai accettare un negoziato basato sulla volontà di punire i britannici?».

E in Gran Bretagna?
«C’è una forte spinta verso la Brexit, e una maggioranza anche più forte verso una trattativa dura. Come se vivessimo in galassie differenti». 

Allora perché essere ottimisti?
«La parte di me che è ottimista considera che la Gran Bretagna ha un interesse economico a un accordo con la Ue. E, viceversa, la Ue con Londra. La City svolge un ruolo fondamentale nel sistema finanziario europeo. Molto del business che si fa a Londra potrebbe spostarsi verso New York. Gli europei lo vogliono davvero? E poi la Gran Bretagna di fatto è Europa, anche fisicamente è collegata da un tunnel. E stiamo nella Nato, nel G7, nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, siamo potenza nucleare, abbiamo un rapporto speciale con gli Stati Uniti».

Sulla Brexit i britannici possono ripensarci?
«Lo scarto sì-no al referendum è minimo, ma questa è la democrazia britannica: politicamente sarà molto difficile tornare indietro». 

La City perderà potere?
«Il nuovo presidente francese, Macron, è un banchiere. Molti dicono che vorrebbe fare di Parigi la nuova Londra. Ma la City è un rete così massiccia di conoscenze, che resterà comunque il centro del sistema finanziario mondiale».

Che ne sarà di Scozia e Irlanda?
«Sospetto che gli scozzesi, che al 62 per cento hanno votato per restare in Europa, vogliano al tempo stesso rimanere nel Regno Unito. La maggioranza del Parlamento di Edimburgo è per l’indipendenza, ma non nella misura costituzionalmente necessaria. Quanto all’Irlanda, la demografia dà ragione agli unionisti, che a differenza dei nazionalisti hanno votato per la Brexit. Ci sarà incertezza, forse instabilità, ma in generale gli irlandesi hanno guadagnato troppo negli ultimi venti anni per tornare a una strategia non pacifica». 

 
Ultimo aggiornamento: 00:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA