Il Quirinale: se si vota prima garanzie sulla manovra

Lunedì 29 Maggio 2017 di Alberto Gentili
Il Quirinale: se si vota prima garanzie sulla manovra

Bocche cucite al Quirinale. Ora che finalmente sembra aver preso slancio la tanto attesa e auspicata trattativa sulla legge elettorale, con addirittura il coinvolgimento dei tre maggiori partiti (Pd, Forza Italia, Cinquestelle), Sergio Mattarella non ha alcuna intenzione di intervenire. Teme che qualsiasi parola possa innescare interferenze capaci di frenare l’inedito slancio riformatore. Certo, siamo solo alle dichiarazioni pubbliche e ai messaggi scambiati attraverso le interviste, l’intesa sui meccanismi elettorali è ancora laboriosa e difficile. Tutta ancora da scrivere. Per il Colle, però, la volontà di dialogo va incoraggiata. Non certamente ostacolata. E spunta l’idea, nel caso l’accordo riuscisse e si andasse alle elezioni in autunno ma dalle urne uscisse un risultato incerto, di un “Patto” per mettere comunque in sicurezza il Paese sul fronte della legge di bilancio.

L’OBIETTIVO
Chi ha parlato con il capo dello Stato nelle ultime ore, tra la trasferta al G7 di Taormina e il ritorno nella Capitale, racconta che Mattarella guarda con favore alla trattativa, pur consapevole che essa porta – in base alle dichiarazioni e ai propositi dei protagonisti Matteo Renzi, Beppe Grillo, Silvio Berlusconi – a un’accelerazione verso le elezioni in coincidenza con la delicata sessione di bilancio. Le date del voto indicate dai leader vanno infatti tra la fine la settembre e l’inizio ottobre. Proprio nei giorni in cui deve essere incardinata la legge di stabilità (da presentare entro il 15 ottobre). E il dopo elezioni rischia così di sovrapporsi, inevitabilmente, con l’approvazione della manovra economica che va varata dal Parlamento entro il 31 dicembre per evitare il ricorso all’esercizio provvisorio.

Dunque, per il capo dello Stato, sarebbe meglio (molto meglio) se il traguardo elettorale restasse il 2018. Anche perché, fa notare chi gli ha parlato, non è affatto detto che dalle urne esca in breve tempo un governo in grado di prendere immediatamente in pugno le redini della manovra di bilancio. C’è la possibilità di un pareggio. C’è il rischio di avere tre partiti più o meno alla pari. Ed è anche da mettere in conto la vittoria dei Cinquestelle che, difficilmente, potrebbero essere disposti a completare il lavoro e l’istruttoria sui conti pubblici compiuta dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan e dal premier Paolo Gentiloni. Insomma, il pericolo della speculazione finanziaria sarebbe incombente.
I TEMPI
E poi quanto tempo ci vorrà per formare un nuovo governo? Basteranno pochi giorni, vista l’urgenza di varare la legge di stabilità? O serviranno mesi? Tutto dipenderà dai risultati elettorali, figli dei meccanismi di voto su cui sarà stato raggiunto l’eventuale accordo. In Spagna, ricorda qualcuno, la Moncloa è restata senza inquilino per più di un anno. Perciò, sarebbe preferibile votare a scadenza della legislatura, vista anche la partita da giocare con la Commissione europea e il “salvagente” di Mario Draghi sui titoli pubblici (il quantitative easing) destinato a ridursi nel 2018.

L’ATTENZIONE
Altri interlocutori di Mattarella però riferiscono dell’attenzione, quasi il tifo, con cui il Presidente osserva la ripresa di dialogo tra i grandi partiti. “E questo è un valore da non disperdere”, dicono. E qualcuno racconta che se a fine luglio, una volta varata la legge elettorale Gentiloni dovesse ritenere concluso il suo lavoro e annunciare la volontà di dimettersi, il capo dello Stato non potrebbe che prenderne atto. Non si getterebbe di certo nell’impresa di tentare di dar vita a un “governo del presidente” della durata di pochi mesi, con il solo scopo di superare il rischioso crinale della legge di stabilità. “Soprattutto se i tre grandi partiti sono per le elezioni anticipate”.

IL PARACADUTE
Ed è così che sta prendendo forma, nelle stanze del Quirinale - e c’è chi dice anche nelle chiacchierate informali tra Mattarella e Gentiloni a Taormina - l’idea di un paracadute. Di un appello alla responsabilità. E di un conseguente “patto” per mettere in sicurezza il Paese. Con due obiettivi: garantire la tenuta dei conti pubblici e il varo della legge di stabilità anche nell’eventualità che dalle urne non uscisse immediatamente un nuovo governo. Il “patto”, secondo gli auspici del capo dello Stato, dovrebbe essere firmato – contestualmente al varo della riforma elettorale - da chi voterà la nuova legge. In primis Pd, Forza Italia, Cinquestelle.

Ma, si diceva, al momento si tratta solo di una suggestione. Prima di proporlo al vaglio delle forze politiche, Mattarella osserverà e ascolterà. Vuole capire quanto è seria l’intenzione di cambiare le regole per l’elezione del Parlamento. Con l’auspicio e la speranza che alla fine emerga un sistema che garantisca la governabilità.

 

Ultimo aggiornamento: 15:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA