Sorato replica a Zonin «Anche io non taccio»

Venerdì 24 Marzo 2017
Sorato replica a Zonin «Anche io non taccio»
(m.cr.) Samuele Sorato si difende e respinge con fermezza al mittente le accuse dell'ex presidente Gianni Zonin: «Totalmente inveritiere».
Il giorno dopo l'interrogatorio di Zonin a Vicenza, nel quale l'ex presidente della banca che ha chiuso il 2015 con perdite per 1,4 miliardi avrebbe ribadito che il cda era all'oscuro dei finanziamenti baciati e che il dissesto trae origine da una gestione scorretta da parte dei vertici operativi, l'ex direttore e consigliere delegato risponde per le rime in terza persona e con un comunicato stampa che evidentemente è passato al vaglio del suo legale, Fabio Pinelli: «È destituito di ogni fondamento l'assunto che il dott. Sorato abbia fatto propria, a differenza del cav. Zonin, la linea del silenzio nei confronti degli inquirenti. Sin dal 28 novembre dello scorso anno, ha spontaneamente rappresentato alla Procura berica, per iscritto, tutto ciò che risulta a sua conoscenza in relazione ai fatti che gli vengono provvisoriamente contestati dando la massima disponibilità per qualsiasi chiarimento all'Autorità giudiziaria». La Procura di Vicenza ha aperto un'inchiesta contestando i reati di aggiotaggio e ostacolo alla Vigilanza a 9 manager ed ex consiglieri di BpVi, tra questi Sorato e Zonin.
Poi arrivano le puntualizzazioni che aprono uno spaccato sulla complessa attività di quella che era una delle prime dieci banche italiane.
«Le comunicazioni ufficiali della banca non dipendevano affatto, nel loro contenuto di merito, dall'azione del direttore generale, bensì venivano deliberate dal cda - avverte Sorato difendendosi implicitamente dall'accusa di aggiotaggio -, su proposta dei competenti uffici amministrativi, sotto la responsabilità del dirigente preposto ai dati contabili e con l'ausilio, nei casi previsti, dell'ufficio legale, della funzione di compliance e degli altri uffici di controllo. Tutti uffici, peraltro ad esclusione del solo ufficio legale non dipendenti dalla direzione generale della banca ma riferibili direttamente al cda, il quale possedeva tutti gli strumenti per compiere gli opportuni approfondimenti ritenuti necessari».
«Quanto allo specifico delle segnalazioni periodiche di vigilanza, queste erano totalmente estranee alle competenze istituzionali del direttore generale - la difesa di Sorato nello specifico di uno dei capi d'accusa ipotizzati - essendo riconducibili ai poteri e alle responsabilità della divisione pianificazione, bilancio e segnalazioni di vigilanza».
Sui finanziamenti baciati, fondi della banca imprestati a soci per comprare azioni dell'istituto, una partita di giro che per Vicenza ammonterebbe a 1,3 miliardi, Sorato avverte: «Erano tutti oggetto di adeguate procedure di controllo da parte delle molteplici strutture deputate (Audit, Compliance, Risk Management, Ufficio Contabilità e Segnalazioni di Vigilanza, Comitato per il Controllo, Collegio Sindacale e Società di Revisione)». Sorato, pur avendone la facoltà, non ha mai istruito pratiche di fido. Unico finanziamento che decideva: quello ai dipendenti. E anche sui bilanci Sorato si chiama fuori: «Dipendevano, quanto al merito del loro contenuto, dal dirigente preposto al bilancio, che era altresì un direttore centrale e responsabile di una delle divisioni operative più rilevanti nell'ambito della struttura organizzativa del gruppo bancario». Lui, Sorato, non c'entrava per niente: «I bilanci erano approvati dal cda e sottoscritti dal presidente e dal dirigente preposto».
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