Pop Vicenza, caos e favori

Venerdì 18 Novembre 2016
Pop Vicenza, caos e favori
Sulle compravendite delle azioni Popolare Vicenza era un colabrodo. La conferma arriva dalle indiscrezioni sull'audit interno commissionato nel gennaio del 2016 dal consigliere delegato Francesco Iorio due mesi dopo le dimissioni dello storico presidente Gianni Zonin. Ordini lavorati a mano, registri su un file excel senza password modificabili da qualsiasi dipendente, tempi di lavorazione lunghi e tre anni in cui non si è riuscito a far decollare un sistema informatico adeguato e soluzioni alternative. Ecco il quadro di criticità dipinto dall'analisi voluta da Iorio, in banca dal giugno 2015. Nemmeno in attesa del sistema informatico, poi non varato per il cambio dei vertici e l'avvio della trasformazione in spa, la banca è riuscita a predisporre «soluzioni alternative» per garantire i principi base della compravendita di strumenti finanziari (fra cui il pari trattamento azionisti e la corretta attuazione del registro ordini). Il rapporto passa in rassegna i passi e le delibere del cda nei tre anni dal febbraio 2012 al marzo 2015. Le prime criticità, già emerse nel 2011, furono formalmente messe nere su bianco nel 2012, e vennero affrontate già in un cda del 9 luglio 2013 dove una prima serie di misure fu illustrata ai consiglieri all'allora presidente Gianni Zonin da Adriano Cauduro, unico dei 4 vice direttori dell'epoca ancora nel gruppo con l'incarico di dg della controllata Banca Nuova. Cauduro ricordò come la banca avesse la facoltà e «non l'obbligo» di riacquistare le proprie azioni. In quell'occasione il cda approvò la proposta di revisione delle modalità di gestione avvalendosi anche di un parere legale.
Il comitato esecutivo a febbraio 2014 autorizzò poi l'avvio delle attività delle procedure informatiche. Certo l'audit riconosce come abbiano influito sulle difficoltà riscontrate nell'attivazione «l'evoluzione del quadro economico, normativo e regolamentare» come ad esempio le disposizioni, varate ad aprile 2014, per vincolare il fondo del riacquisto di azioni e che disponevano l'autorizzazione di Banca d'Italia. Poi definitivamente stoppato dalla Bce. Poi venne ipotizzato il coinvolgimento di un soggetto terzo, l'Icbpi con il ruolo di esecutore degli ordini. Progetto abbandonato.
Sugli ex vertici della Vicenza pende un'inchiesta della Procura berica per aggiotaggio e ostacolo alla Vigilanza. E presto, per inizio 2017, potrebbero arrivare le sanzioni della Consob sull'aumento di capitale varato nel 2014 da 600 milioni, frutto di una ispezione di quasi un anno culminata in una lettera di contestazione che ha sottolineato delle gravi irregolarità alla normativa Mifid da parte della banca nel collocare prodotti non adeguati al tipo di clientela retail (problemi simili sono stati contestati anche agli ex vertici di Veneto Banca). Dalle verifiche Consob almeno 26mila adesioni su 29mila sono «in assenza della raccolta di manifestazioni di interesse» e il «60% delle adesioni raccolte via internet è stato immesso da indirizzi di personal computer in uso ai dipendenti». Poi c'è il capitolo degli azionisti eccellenti che hanno aggirato il blocco delle compravendite ottenendo l'annullamento e il rimborso delle azioni. E quello tipo Autostrada del Brennero, che nel 2014 ha comprato e ventuto titoli per milioni mentre centinaia di altri azionisti rimanevano al palo. E fa rumore il caso della Folco Finanziaria: 38 milioni di esposizione sulle due banche venete (16 milioni solo per la Veneto) in azioni che valgono 10 cent. E ora la holding di partecipazioni fondata dall'ex imprenditore tessile vicentino Giancarlo Folco, scomparso nel 2011, rischia la bancarotta.
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