Franceschi, accordo che pesa

Domenica 19 Marzo 2017
Franceschi, accordo che pesa
Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono rimaste aperte anche ieri. Mancano infatti solo tre giorni alla scadenza dell'Offerta pubblica di transazione a favore degli azionisti beffati. Fra loro anche vip, magari soci di ambedue. Come il governatore Luca Zaia, che non aderirà all'operazione: «Non ho titolo per farlo, in quanto ho comprato le azioni di entrambi gli istituti più di dieci anni fa, ma in ogni caso non darei nessuna indicazione su cosa è giusto fare». O come l'imprenditore Fabio Franceschi, che invece ha sottoscritto l'accordo: «Avevo quote sia dell'uno che dell'altro gruppo, per un valore complessivo di 5 milioni di euro. Ma non mi chieda quanti ne ho recuperati, sono così arrabbiato che ho detto ai miei collaboratori: fate voi i conti, non voglio saperne niente...», confida il titolare del colosso Grafica Veneta.
Allora perché ha firmato?
«Per una questione di buon senso: arrivati a questo punto, era l'unica cosa saggia da fare. Anch'io sono nero per quello che è successo, emotivamente e moralmente avrei avuto tanta voglia di fare causa. Ma mi hanno chiamato gli studi legali di mezzo mondo e ho detto a tutti di no, perché in queste situazioni bisogna ragionare con la testa, non con la pancia. Economicamente non avrei portato a casa nulla e avrei messo in difficoltà le banche. E quindi, piuttosto che niente, meglio piuttosto. Spero solo che i due istituti si ricorderanno di me, quando loro si risolleveranno e io ne avrò bisogno».
Come mai divenne socio delle Popolari?
«Perché una volta era veramente un affare, pagavano davvero bene, vedevi il titolo andare a gonfie vele, era un'operazione molto interessante dal punto di vista finanziario».
Mai un dubbio sul reale valore delle azioni?
«Quando l'economia si è bloccata, queste banche sono state le prime a soffrire. In quel momento la loro forza, cioè sostenere le piccole e medie imprese, si è rivelata la loro debolezza, rappresentata da perdite terrificanti sui crediti e dunque da un'autentica scomparsa del capitale. Ma cosa avremmo potuto fare noi azionisti? Personalmente ero preparato all'idea che sarebbe scattata una revisione generale del prezzo dei titoli, ma non mi sarei mai aspettato un azzeramento di questo tipo».
Non crede che ci sia stata anche una cattiva gestione?
«C'è stato sicuramente anche questo, il che peraltro è quello che come socio ti infastidisce di più, perché pensi: ma come, a me hanno fatto penare per 50.000 euro, mentre al loro amico che valeva meno di me hanno dato 50 milioni così? Ma siccome cerco sempre di essere obiettivo, ritengo che non sia stato solo questo a causare il crollo, quanto anche e soprattutto il supporto dato a quella fascia di aziende che hanno maggiormente patito la crisi».
Da uomo di impresa, come valuta il ricorso all'intervento dello Stato nella ricapitalizzazione?
«In Germania le banche, dalla più grande alla più piccola, stanno ancora spendendo 200 miliardi di soldi pubblici. Noi invece cadiamo dalle nuvole, mentre avremmo dovuto chiedere aiuto ben prima, così come sarebbe stato meglio anticipare i tempi della fusione: il valore delle azioni sarebbe stato dimezzato e non azzerato. Ma ormai è successo, dobbiamo guardare avanti».
Vede futuro per Montebelluna e Vicenza?
«Bisogna. Non dare fiducia a queste due banche sarebbe una tragedia per il nostro territorio. Perciò mi auguro che venga raggiunto l'80% di adesioni all'Offerta».
Cosa avrebbe fatto con quei 5 milioni?
«Sto acquisendo un'azienda in Inghilterra, l'avrei comprata con maggiore serenità. Ma diciamola tutta: se mi avessero diagnosticato un brutto male, sarebbe stato molto peggio...».
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