Ha dedicato la vittoria a tutti quelli che in diversa misura hanno lavorato affinché

Lunedì 11 Settembre 2017
Ha dedicato la vittoria a tutti quelli che in diversa misura hanno lavorato affinché
Ha dedicato la vittoria a tutti quelli che in diversa misura hanno lavorato affinché L'Arminuta (Einaudi) potesse diventare realtà, perché un libro non è mai unicamente dell'autore. Un pensiero particolare Donatella Di Pietrantonio, premio Campiello 2017, l'ha rivolto anche a tutte le arminute e gli arminuti che si sono identificati o si identificheranno nella bambina protagonista del romanzo. E ora la scrittrice si gode il successo.
Soddisfatta?
«Soddisfatta è poco. Solo ora mi rendo conto di avere riportato sulla carta una storia particolarmente sentita perché legata al tema della maternità e per altri versi comune ad altre regioni d'Italia. Un tempo, affidare gli ultimogeniti in fasce a nuove famiglie era prassi frequente da parte di genitori poveri. E come il termine usato come titolo del libro abbia una corrispondenza in sardo».
Nella sua opera è evidente l'importanza attribuita al contrasto tra lingua italiana e dialetto abruzzese.
«In effetti questo è il primo choc della bambina al passaggio dagli zii genitori adottivi a quelli biologici, che per lei sono degli sconosciuti e comunicano in dialetto stretto. C'è anche il fatto che per lei, trattata verbalmente come un pacco, l'italiano rappresenta la lingua interiore. Mentre il dialetto dei genitori effettivi le è ignoto. Non lo comprende proprio. E questo all'arrivo, anche in considerazione dell'età, costituisce per lei un vero e proprio trauma».
C'è poi l'aspetto strettamente familiare, legato al passaggio da una famiglia a un'altra e al rapporto con le due madri, quella adottiva e quella naturale.
«Senza dubbio. Si tratta di una bambina orfana di due madri viventi, sballottata da una realtà a un'altra, decisamente più chiusa. E in quanto tale a lei ancora più estranea, con tutto quel che ne consegue».
A Penne esercita la professione di dentista pediatrico. Al suo terzo romanzo, dopo avere partecipato con il secondo al premio Strega, ha vinto il Campiello. Pensa di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno?
«No, continuerò a fare quello che ho sempre fatto, nonostante sia perfettamente consapevole che ora gli impegni e le scadenze in quanto scrittrice diventeranno ancora più pressanti. Il lavoro di dentista pediatrico mi piace, mi consente di avvicinare ancora più persone e questo mi è di grande aiuto anche come autrice. Inoltre, lo si creda o no, il dividermi tra un'occupazione e l'altra mi lascia una grande libertà, soprattutto a livello psicologico».
La sua affermazione a Venezia giunge poche ore dopo l'assegnazione dei Leoni alla Mostra internazionale del cinema. Le piacerebbe che da L'Arminuta si ricavasse un film?
«Il cinema rientra tra le mie passioni, e confesso che una cosa del genere mi troverebbe entusiasta. Ma non mi si chieda altro, specie sulla composizione del cast ideale. Consideriamolo un sogno nel cassetto. E mai dire mai».
Lei ha dedicato questa vittoria alla sua terra. Ma l'Abruzzo di oggi è conciliabile con quello di un tempo?
«Ovviamente stiamo parlando di due realtà molto diverse. Tuttavia, ritengo che l'Abruzzo antico e moderno siano conciliabili. C'è sempre un filo che unisce il passato con il presente. Che non può essere reciso, perché l'oggi è anche il risultato di quanto avvenuto ieri. Si tratta di aspetti che devono trovare una loro sintesi. E ora più che mai, sarebbe auspicabile che fossimo proprio noi a promuovere questa sintesi».
© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci