Zago: bene Zaia ma tardi Ferretto: mossa doverosa ma imprenditori distratti

Lunedì 24 Ottobre 2016
Luca Zaia chiama allo scoperto il Nordest che conta per il salvataggio di Veneto Banca e Popolare Vicenza: «La regione si deve esprimere sulla fusione». Ma la risposta è prudente, prudentissima. E anche gli imprenditori che avevano chiesto un intervento diretto del presidente della Regione latitano, mentre altri big dell'industria preferiscono non esporsi su un tema così scottante. Chi tocca il credito ... rimane fulminato.
Ne sa qualcosa Bruno Zago, ormai ex presidente dell'associazione Per Veneto Banca che riunisce gli ex grandi azionisti della banca trevigiana (si è dimesso qualche settimana fa, in sordina e in polemica con i soci): «Le due banche potevamo tenerle quando le avevamo - commenta l'industriale trevigiano della Pro-Gest, balzato agli onori della cronaca finanziaria quando in giugno si sbilanciò dicendo che dal Veneto sarebbero arrivati 600 milioni per l'aumento di Veneto Banca - una banca per quanto ne so io si poteva tenere, però nessuno ha alzato un dito per darmi una mano. Credo che con un po' di buona volontà il miliardo per Veneto Banca si portava a casa. Certo, poi bisognava gestire la banca». Però ora Zaia punta alla fusione... «Mi dispiace che Zaia arrivi oggi, ma non è mai troppo tardi anche se bisogna dirlo chiaro: se era difficile tenerne una quattro mesi fa, oggi è ancora più dura - sostiene Zago -. Però nel mio cuore penso che se qualcuno più importante di me si fosse schierato prima forse ce l'avremmo fatta. In quel momento il miliardo si recuperava. Oggi comunque sono d'accordo con Zaia: siamo senza una banca in Veneto ed è un male per la nostra area. Ma potevamo tentare il tutto per tutto prima». La fusione come la vede? «È un'ottima idea, l'unica possibile oggi, sono contento che il governatore del Veneto abbia intrapreso questa strada anche se avrà conseguenze pesanti sull'occupazione: 3-4mila posti in meno in Veneto sono tanti».
«Il tentativo di un governatore di mantenere qui una banca del territorio è doveroso - afferma Giancarlo Ferretto, ex vice presidente di Popolare Vicenza e della Confindustria regionale - e la fusione è la strada migliore per concretizzare questo progetto, un passaggio inevitabile anche per ridurre i costi. Purtroppo ci sono tanti sportelli sovrapposti, ci saranno grossi problemi sociali e occupazionali, anche noi imprenditori avremo meno prestiti, ma ormai la finanza ci ha mostrato che si guarda solo al business. Temo poi che le banche non avranno neanche più la sede a Vicenza o a Montebelluna: il quartier generale finirà da altre parti, magari in Emilia Romagna. E nel medio periodo vedo al comando un istituto di livello internazionale». Un mondo sta finendo e gli industriali del Nordest sono impegnati ad altro. «Gli imprenditori non hanno attenzione a una problematica del genere, il business delle banche non è più interessante e chiediamo altri servizi al sistema del credito: le banche del territorio hanno finito il loro compito. Certo, per noi averne due in concorrenza vicino a casa sarebbe utile, ma ormai vedo poco spazio per questo business. Vuol dire che cercheremo di fare raccordo con la nostra associazione dei vecchi soci».
«Il sindacato non ha cambiato la sua posizione: la fusione porterà subito a grossi problemi d'occupazione, gli esuberi sono scontati, per questo i dipendenti di Popolare Vicenza saranno in piazza il 25 ottobre - avverte Chiara Canton, segretario regionale della Fisac Cgil - e arriveranno problemi anche per moltissime imprese. Senza contare che quando le due banche saranno costrette a cedere i crediti a rischio, ai prezzi attuali ci sarà un'ulteriore compressione dei prestiti al tessuto produttivo perché gli asset in garanzia verranno svalutati. Ma c'è un'altra questione da valutare attentamente». Quale? «Tenere divise le due banche potrebbe anche portare a venderle a soggetti interessati allo sviluppo, come per esempio Bper - risponde la Cantone -. La fusione invece le porterà in bocca a un fondo straniero, e questo non farà di certo l'interesse del territorio. E poi chi supporta questa operazione? Quando c'è stato da fare l'aumento di capitale gli imprenditori veneti non si sono visti, difficile che tornino in campo adesso».
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