Visco: cambiare le regole sui fallimenti delle banche

Domenica 31 Gennaio 2016
TORINO - Premessa: le banche italiane «sono ben patrimonializzate, anche grazie all'azione pressante e prudente della vigilanza», i crediti deteriorati «sono ampiamente coperti da svalutazioni e garanzie». L'Italia però dovrebbe chiedere la «revisione, da avviare entro giugno 2018», della direttiva comunitaria sulle perdite a carico dei risparmiatori in caso di crisi bancaria, il cosiddetto bail-in. Un'azione legittima, afferma il numero uno di Bankitalia Ignazio Visco, poiché la stessa norma «contiene una clausola che prevede la revisione». La Ue non commenta, tuttavia lascia filtrare la linea: «Non ci sono piani di cambiamento».
Il governatore parla alla platea di banchieri riuniti al Lingotto per il Forex e affronta tutti i temi caldi: band bank, salvataggio delle popolari, scenario macro economico, volatilità dei mercati. E regole europee. «Un passaggio graduale e meno traumatico sarebbe stato preferibile», afferma, per permettere ai risparmiatori «di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e orientare le loro scelte». A dare un'ulteriore scossa hanno «sicuramente concorso i massicci interventi pubblici per salvataggi bancari che in vari Paesi hanno pesato sulle finanze dello Stato, in alcuni casi mettendone a repentaglio l'equilibrio». Così adesso l'Italia, lascia intendere Visco, sconta i gravi errori commessi da altri. Ma è possibile correggere la rotta, è l'esortazione rivolta a Bruxelles. La Commissione in serata affida la replica a un funzionario: «La direttiva è stata adottata nel 2014 con il consenso di una stragrande maggioranza al Parlamento europeo e con l'accordo unanime degli stati membri. Da un anno e mezzo si sa che il bail-in dei creditori avrebbe protetto i contribuenti».
Proprio nel perimetro del nuovo quadro regolamentare «il considerevole sacrificio per azionisti e detentori di obbligazioni subordinate era inevitabile» e nel caso delle quattro banche salvate (Marche, Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e di Chieti) Bankitalia ha agito «con attenzione e tempestività nel rispetto delle norme esistenti». Senza un intervento di soccorso, rileva il governatore, l'alternativa sarebbe stata una liquidazione coatta amministrativa «che avrebbe disperso valore e generato perdite anche per i titolari di obbligazioni ordinarie e di depositi non garantiti», bloccato «la normale attività bancaria» e affossato l'economia locale. Non c'erano altre possibilità.
Ma alla fine chi ha pagato il salvataggio dei quattro istituti? Non i contribuenti, assicura via Nazionale. «I costi sono stati supportati, oltre che dai detentori di azioni e obbligazioni subordinate, dal sistema bancario attraverso il neo costituito Fondo di risoluzione. Non vi sono stati trasferimenti di risorse pubbliche». I gruppi creditizi devono attrezzarsi. Visco indica la strada: l'alternativa al fondo di risoluzione è la messa a punto di «meccanismi volontari di intervento, aggiuntivi rispetto ai sistemi obbligatori di garanzia dei depositanti». Vero che con la ripresa economica il flusso di nuove sofferenze si sta riducendo, ma occorre tempo affinché la band bank dispieghi i suoi effetti e «nessun provvedimento ragionevolmente ipotizzabile può cancellare d'un tratto la massa delle sofferenze del passato: vanno aggredite con determinazione da parte delle banche, in una prospettiva di medio periodo». I crediti deteriorati dei gruppi creditizi hanno raggiunto quota 360 miliardi, il 18% del complesso dei prestiti, «oltre la metà è registrata in sofferenza e soggetti a procedure di parziale recupero lunghe e onerose». La svalutazione media delle partite deteriorate è oggi «del 45%, in linea con la media europea, per le sofferenze sfiora il 60%, le banche detengono garanzie reali per circa 160 miliardi». Ma, avverte Visco: «Nessuna attività di vigilanza, in nessun Paese, è in grado di azzerare il rischio di crisi bancarie, specialmente in periodi di grave recessione».
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