«Unesco-Israele un errore grave»

Sabato 22 Ottobre 2016 di L'ira del premier per l'astensione italiana sulla risoluzione per i luoghi sacri: «Decisione inaccettabile e incomprensibile»
La risoluzione dell'Unesco su Gerusalemme con l'astensione dell'Italia? «Una vicenda allucinante», attacca Matteo Renzi. «Ho chiesto ai nostri di smetterla con queste posizioni. Non si può continuare con mozioni all'Onu e all'Unesco finalizzate ad attaccare Israele. Se su questo c'è da rompere l'unità europea, che si rompa».
Il presidente del Consiglio ricuce lo strappo con Israele e si consulta col ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, per fare scelte diverse in futuro. Insieme decidono che a primavera, quando tornerà sul tavolo dei rappresentanti nazionali all'Unesco l'ennesimo documento, il dodicesimo in sei anni, che dipinge Israele come forza di occupazione nella propria capitale e nega «la relazione tra Gerusalemme e l'Ebraismo come se si dicesse aggiunge il premier - che col sole fa buio», l'Italia voterà no. Come già Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Lituania e Estonia. Farnesina e Palazzo Chigi sono «andati in automatico», ma ora basta con certi automatismi della diplomazia, specie quella multilaterale. La giustificazione delle feluche è che proprio l'astensione italiana avrebbe convinto alcuni paesi a non votare a favore ma astenersi, incluse Francia, Spagna e Svezia, tanto che l'ultima di queste risoluzioni-fotocopia aveva avuto 34 sì e questa solo 24. In ogni caso si è trattato di un «errore», dice Renzi. Una decisione «incomprensibile, inaccettabile e sbagliata».
Il premier ammette un errore nei tempi di reazione: dopo il primo voto il 12 ottobre che già aveva suscitato polemiche, c'era tutto il tempo di rimediare prima del secondo voto, quello definitivo, il 17, e invece l'Italia ha confermato l'astensione. «Sicuramente ce ne siamo accorti tardi, ma non si può negare lo status di quello scrigno prezioso che è Israele». In gioco è anche la credibilità dell'Italia, da vent'anni ormai la nostra politica estera era stata riequilibrata chiudendo la stagione del filo-arabismo della vecchia Dc (e di Craxi). «Ringraziamo e ci felicitiamo col governo italiano per questa importante dichiarazione», commenta subito dopo l'intervento di Renzi il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Emmanuel Nahshon. Aveva ferito Israele il fatto che nella risoluzione i luoghi sacri di Gerusalemme, inseriti dall'Unesco tra i patrimoni storici da proteggere, fossero denominati solo in arabo Al Haram al Sharif (Spianata delle Moschee), invece che pure nell'ebraico Monte del Tempio. La risoluzione dell'Unesco, il cui titolo è Palestina occupata, definisce Israele «potere occupante», ne condanna «le crescenti aggressioni, in particolare di estremisti di destra», disapprova le restrizioni israeliane «all'accesso ai luoghi sacri». Per il premier, Benjamin Netanyahu, «dire che Israele non ha connessioni con il Monte del Tempio e il Muro del Pianto è come dire che la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l'Egitto con le Piramidi». O Roma con il Colosseo, chiosa una nostra fonte di governo.
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