Tenere d'occhio i rendimenti per evitare

Martedì 9 Febbraio 2016
Tenere d'occhio i rendimenti per evitare
Quando faceva paura davvero, lo spread viaggiava a ben altre altezze. Ma allora non c'erano i cannoni della Bce a proteggere i debiti pubblici europei, ed in particolare quelli dei Paesi più esposti. Così la fiammata del differenziale tra Btp e Bund non può passare inosservata: se fosse l'inizio di un'inversione di tendenza, si potrebbe porre qualche problema anche per i conti pubblici italiani che finora hanno beneficiato della prolungata e senza precedenti bonaccia sui tassi di interesse. Certo va ricordato che non tutti i circa 22 punti di allargamento dello spread sono dovuti a un incremento del rendimento del Btp decennale: più o meno 8, ovvero quasi quattro decimi del totale, derivano dall'afflusso di investitori verso il porto sicuro dei titoli tedeschi: il Bund a 10 anni ha visto ridursi il proprio rendimento a un esiguo 0,23. Mentre il titolo italiano viaggia intorno all'1,70 per cento, che è comunque un livello estremamente basso, praticamente coincidente con quello medio dei Btp con questa scadenza nell'anno 2015.
Se i tassi restassero a questa quota o poco più in alto, le conseguenze sarebbero praticamente impercettibili. Se invece si rimettessero in marcia per raggiungere o anche oltrepassare la soglia del 2 per cento, allora qualche spia rossa si accenderebbe nella sala comandi di Via Venti Settembre. Un balzo immediato dei rendimenti di un punto lungo tutta la curva provocherebbe già nel primo anno una maggiore spesa per interessi tra i 2 e i 3 miliardi, destinata poi a crescere ancora. Per ora è uno scenario non realistico, ma tutti i segnali vanno seguiti con attenzione. Per quest'anno si prevede per il servizio del debito una spesa di poco superiore a 71 miliardi, dopo i circa 70 con cui dovrebbe essersi chiuso il 2015. La massa dei titoli da rinnovare risulta, per la combinazione delle scadenze, un po' meno consistente rispetto all'anno precedente: in tutto circa 300 miliardi a partire da gennaio. Anche il minor fabbisogno di cassa dello Stato dovrebbe contribuire a ridurre le esigenze di finanziamento. Il Tesoro si pone l'obiettivo, non facile, di continuare l'allungamento della vita media del debito, cresciuta nel corso del 2015 da 6,38 a 6,52 anni. Titoli con una scadenza più differita nel tempo rendono il nostro Paese un po' meno esposto alle tempeste: è di pochi giorni fa il collocamento di un Btp trentennale per 9 miliardi. L'operazione ha avuto un'ottima accoglienza a livello internazionale.
Ma il 2016 dovrebbe essere anche l'anno in cui per la prima volta dopo otto anni il rapporto debito/Pil inizierà a scendere. Secondo le stime più recenti (che risalgono tuttavia al mese di settembre) l'incidenza delle passività totali sul prodotto dovrebbe calare dal 132,8 al 131,4 per cento. Questa tendenza positiva è confermata anche nelle previsioni rese note dalla commissione europea pochi giorni fa, nelle quali però si parla di una discesa di modesta entità. Il rapporto debito/Pil, dopo essere sceso sotto il 100 per cento nel 2007, è cresciuto ininterrottamente negli anni della crisi sia per i disavanzi di bilancio sia per il mancato incremento del denominatore conseguente alla recessione e più recentemente al quasi azzeramento dell'inflazione.
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