Se l'Italia del rugby non aumenta i praticanti effettivi, e non solo i tesserati,

Lunedì 10 Agosto 2015
Se l'Italia del rugby non aumenta i praticanti effettivi, e non solo i tesserati, non farà mai il salto di qualità internazionale. È la priorità per la federazione, la sfida (finora fallita) da quando siamo entrati nel Sei Nazioni. Bisogna allargare la base (reale) per avere i giocatori necessari a sviluppare il vertice (Nazionale, franchigie, club). Una priorità rispetto pure allo sviluppo di una scuola tecnica qualificata, secondo scalino della crescita. Anche il fornaio più bravo senza farina non può fare il pane buono.
La tesi, di attualità alla vigilia del Mondiale, emerge dallo studio statistico sul numero di praticanti svolto dal consigliere Raffaello Salvan per conto del Comitato veneto (Crv), basato sui giocatori a referto-gara del giudice sportivo. Lo studio ha scoperto che i reali praticanti su cui lavorare per sviluppare i talenti sono circa 50.000. Oltre il 30% in meno rispetto ai 76.773 (dato fornito dal tecnico federale Franco Ascione) o agli 85.000 (dato fornito dal presidente Alfredo Gavazzi) dichiarati dalla Fir.
«I circa 25.000 (dato ottimistico) praticanti riscontrati dall'under 14 ai senior - spiega Salvan - confermano che la nostra posizione nel ranking mondiale, oscillante fra 11° e 14° posto, è un risultato più che giusto. Se potessimo davvero contare su un'affidabilità di praticanti pari a 85.000 tesserati giocatori, probabilmente potremo giocarcela a stare fra 6° e 10° posto».
La Fir non ha smentito le cifre di Salvan, rese pubbliche sul "Gazzettino" del 6 luglio. E il presidente del comitato lombardo Angelo Bresciani ha annunciato al "Giorno" l'avvio di uno studio simile. Perciò, un mese dopo, riportiamo tre interessanti approfondimenti: il foscus sul Triveneto, il confronto Veneto-Lombardia e quello con i Paesi celtici.
TRIVENETO

Il dettaglio per provincia e categoria è nella tabella in alto, tranne i dati di under 6, settore femminile e old (che contribuiscono al totale) perchè marginali nello sviluppo dell'alto livello maschile. In Veneto la provincia con più "giocatori fantasma" è Treviso (3.292 tesserati, 2.922 praticanti, -36,45%), seguita da Verona (-35,62%), Venezia (-34,25%), Belluno (-33,45%), Vicenza (-32,58%), Rovigo (-32,57%) e Padova (-30,72%). Trieste è a quota -53,51% (299 tesserati, 139 praticanti), Trento a -41,56% (551 contro 322). Per le singole categorie si tocca il massimo con il -52,13% dell'under 12 in Friuli. Ma tranne l'under 8 in Trentino, l'under 10 in Veneto, l'under 18 in Veneto e Friuli (dato condizionato dall'effetto "rientranti" del terzo anno d'età) tutte sono al di sopra della fatidica soglia del 30% di giocatori "fantasma".
VENETO-LOMBARDIA

Il presidente Gavazzi rimarca sempre il sorpasso nei tesserati della Lombardia sul Veneto. Ma lo studio del Crv dà un'altra interessante lettura. I tesserati della Lombardia (15.599) in rapporto alla popolazione (10milioni abbondanti) sono lo 0,156%, ovvero 1,56 rugbisti potenziali (non reali) ogni mille abitanti. Poco sopra la media nazionale: 0,128% e 1,28 per mille. In Veneto ce ne sono il doppio: 11.410 tesserati su 5 milioni scarsi di popolazione, lo 0,232% ovvero 2,32 per mille. Resta perciò la regione più rugbistica d'Italia.
ITALIA-CELTICHE

Ma anche la regione leader, immaginiamoci il resto, sfigura nel confronto con Irlanda, Galles e Scozia, secondo i dati forniti a Salvan dalla Fir. L'Irlanda ha 180.000 tesserati su 4.595.000 abitanti, il 3,917% ovvero 39,17 giocatori ogni mille abitanti. Praticamente 10 squadre ogni paese o quartiere cittadino di 5.000 abitanti. Domanda: se con gli irlandesi prima del Sei Nazioni ce la giocavamo alla pari, e poi ci hanno battuto 15 volte su 16, dove stiamo sbagliando? Il Galles ha 67.000 tesserati su 3,3 milioni di abitanti, il 2,030% e il 20,3 per mille, 6 squadre ogni paese/quartiere. La Scozia ha 104.000 tesserati per 5.260.000 abitanti, l'1,977% e il 19,77 per mille, 5 squadre ogni paese/quartiere. «Con questi numeri delle celtiche, dai quali mancano gli enti-scuola, quindi sono ancora più alti - conclude Salvan - saremmo competitivi anche noi e di conseguenza, verosimilmente, avremmo anche una scuola tecnica migliore». Invece con una squadra di rugby ogni 20mila abitanti dove andiamo? Da qui, per crescere, la necessità di aumentare i giocatori veri, magari iniziando a recuperare quei "fantasmi" che risultano tesserati .
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