Maran: «C'è il timore di una reazione a catena»

Venerdì 18 Marzo 2016
«La colpa è tutta della paura», risponde d'istinto. Tuttavia la sua analisi comincia con una battuta ironica: «Se la presidente Debora Serracchiani, che è anche vice di Renzi nel Pd, vuole annettere il Bellunese al Friuli Venezia Giulia, che problemi avrà mai a farlo?». Ha una visione chiara e incline alla fiducia "lenta" Alessandro Maran, senatore giuliano, vicecapogruppo liberal del Pd al Senato, sulla vicenda dello stop parlamentare al passaggio di Sappada al Friuli Venezia Giulia, che ha generato un vespaio di polemiche e una divisione interna ai Dem.
Senatore, spieghi questa paura.
«Paura che il passaggio di Sappada inneschi una valanga, ossia una ridda di richieste di cambiare "casacca" regionale a cominciare da Cortina, anche se sono assai numerose le istanze di tal genere sparse in tutto il Paese».
Sappada è però friulana d'elezione. Fa anche parte dell'Arcidiocesi di Udine.
«Sappada combatte da otto anni questa battaglia, che si fonda su oggettive ragioni storiche, culturali ed economiche. In Commissione non sono emersi problemi di sorta, a nessuno è venuto in mente di porre questioni di principio su una comunità di un migliaio di abitanti».
Già, ma all'improvviso hanno fermato tutto.
«Non c'era alcun ostacolo sul caso in sé, ma è stato proprio il timore di reazioni a catena che ha indotto il governo a chiedere una sorta di pausa di riflessione, oltretutto in un panorama politico assai confuso».
Ovvero?
«La Lega al Senato era per il sì a Sappada ma in Veneto tutt'altro. Forza Italia idem. E nel Pd le posizioni erano varie».
Allora la questione è morta e sepolta?
«Niente affatto, ma occorre aspettare che si "assestino" le riforme istituzionali. Poi il clima sarà migliore, nel senso che avremo il Senato delle Regioni, non esisteranno più le Province così come le abbiamo conosciute: insomma l'impatto del passaggio di Sappada al Friuli risulterà meno rischioso sul piano generale. E sarà fatta la volontà dei sappadini».
Sulla bilancia è stata messa anche la questione linguistica.
«Per carità, non s'invochi la tutela delle minoranze linguistiche a fondamento della specialità del Fvg, perché l'unica ragion d'essere di questa Regione speciale è l'epilogo della seconda guerra mondiale. La prova? Fu l'allora ministro sovietico Vjaceslav Molotov il primo a prefigurare una spartizione territoriale della Venezia Giulia fra l'Italia e la Jugoslavia».
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