La più facile tregua che c'è (e infatti ancora non c'è

Domenica 14 Febbraio 2016
La più facile tregua che c'è (e infatti ancora non c'è tregua) è turbata da dichiarazioni di guerra ancora più aggressive di prima. A Monaco giovedì notte Stati Uniti e Russia (a nome dei 17 Paesi dell'International Syria Support Group) hanno raggiunto l'accordo per l'invio immediato di aiuti umanitari in Siria. La formula di questa speranza di pace è «una pausa nei combattimenti», per arrivare, a una settimana dall'intesa (quindi ormai tra cinque giorni), a un cessate il fuoco che consenta dei progressi nella trattativa mediata dall'Onu per porre fine allo strazio di una guerra civile lunga cinque anni.
Ma le dichiarazioni del dittatore Bashar al Assad, che dice di voler riconquistare il Paese (e gli aiuti dell'aviazione russa gli hanno permesso di riconquistare parte del terreno perduto) hanno provocato reazioni bellicose. I turchi e i sauditi sono pronti a inviare truppe di terra, anche se ufficialmente per colpire l'Isis. E, dopo di loro, anche gli Stati Uniti hanno fatto capire di essere pronti a un passo mai osato prima in Siria: «Se il regime di Assad non si dimostra responsabile, se gli iraniani ed i russi non fanno rispettare da Assad le promesse da loro fatte - sono le dichiarazioni di Kerry dopo la conferenza di Monaco - allora nella comunità internazionale ovviamente non si rimarrà seduti come sciocchi a guardare. È possibile che ci saranno truppe di terra». E Lavrov replica dicendo che c'è solo il «49%» di possibilità che l'intesa porti davvero a una tregua: «Quello che sembra chiaro è che per loro si tratta di fermare gli attacchi della forza aerea russa». Un ottimista, rispetto a Philip Hammond, ministro britannico degli Esteri, che sostiene che proprio le affermazioni di Lavrov fanno pensare a «uno zero per cento» di possibilità di tregua reale.
Naturalmente, al tavolo di Monaco non c'erano i rappresentanti di Isis e Al Nusra, e che quindi non si fermeranno. La Russia potrebbe sentirsi legittimata a bombardare ancora: ha sempre sostenuto di combattere solo i terroristi, in realtà ha colpito anche altri gruppi di insorti, e i civili. «Non ci sono prove che noi bombardiamo i civili, anche se tutti ci accusano di farlo» si è difeso ancora ieri il premier russo Dmitri Medvedev, parlando anche di clima da «guerra fredda» nelle relazioni tra Mosca e l'Occidente. «La Russia deve cambiare i suoi obbiettivi militari in Siria» incalza Kerry: il che suona come una richiesta che - se Mosca vuole continuare con i suoi raid - almeno siano obbiettivi concordati.
Altri gruppi di insorti non promettono un cessate il fuoco se non a precise condizioni. «Restiamo sempre scettici sui russi», commenta un portavoce dell'Esercito libero siriano. Il gruppo Ahrar al-Sham condiziona la tregua a una preventiva sospensione dei raid russi, al rilascio di prigionieri, alla liberazione di città e villaggi sotto assedio. La Turchia ieri ha bombardato le postazioni degli insorti curdi nella zona dell'aeroporto militare di Menagh (nord della Siria) a circa 30 km a nord di Aleppo. I curdi avevano sconfitto, per il controllo della zona - considerato strategico - proprio i miliziani di Al Nusra. Ankara li considera terroristi legati al Pkk turco, l'Occidente li considera dei benemeriti dell'opposizione all'Isis, nella contingenza ora sembrano aiutare Assad che vede il suo esercito avvicinarsi ad Aleppo (è stato riconquistato il villaggio di Al Tamoura, nei pressi della città). Eppure, ancora Kerry, dice che per forre fine alla guerra e per sconfiggere l'Isis, bisognerà rimuovere Assad dal potere.
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