Il colpo di coda del festival complica il TotoPalma

Domenica 22 Maggio 2016 di Farhadi e Verhoeven, finale da applausi. Stasera verdetti All'asciutto i quattro italiani in gara nelle altre rassegne
L'ultimo giorno di proiezioni rimedia a quello precedente: dopo le delusioni significative di Refn e Penn, arrivano due film da applausi, prima della chiusura. Cannes, dunque, termina il Concorso con i grandi dilemmi morali che solleva sempre il cinema dell'iraniano Asghar Farhadi (“The salesman”), celebre se non altro per il capolavoro “Una separazione”; e una black-comedy perversa dell'olandese Paul Verhoeven (“Elle”) che carica sulle spalle della sempre bravissima Isabelle Huppert una storia di stupri, stragi, tradimenti, bimbi di incerta paternità coniugandola con la risata più spavalda, sempre in equilibrio con situazioni al limite.
“The salesman” racconta di una coppia obbligata a traslocare improvvisamente per un cedimento del palazzo dove vive. Nel nuovo alloggio temporaneo, una sera la moglie, credendo di aprire al marito, si trova uno sconosciuto che la aggredisce. Il marito, che ha la passione per la recitazione e porta a teatro, assieme alla moglie, il dramma di Arthur Miller, che richiama il titolo del film, va a caccia del colpevole. Una volta trovato deve decidere come comportarsi. “Elle”, invece, dimora essenzialmente sul corpo della Huppert e dei personaggi (famiglia, colleghi di lavoro, vicini di casa) che attraversano la sua vita. Anche qui si parte da uno spunto “giallo” (chi ha violentato Michelle?), ma la sarabanda di situazioni tragico-grottesche inizia subito e non si arresta più, sempre con dialoghi eccellenti.
Stasera si conoscerà il palmares, di difficile pronostico, in un panorama ricco di buoni film, qualcuno ottimo, ma senza un vero dominatore. Pare che alla giuria di George Miller siano piaciuti due film che non hanno riscosso molto entusiasmo tra i critici (o quantomeno hanno diviso): sono “Toni Erdmann” della tedesca Maren Ade e “American honey” della britannica Andrea Arnold, on the road sulle strade d'America. Sperando che non sia così, tra i più quotati alla vittoria ci sono anche “Paterson”, delizia minimalista di Jim Jarmusch, che non ha mai vinto un premio importante (e sarebbe ora), i due rumeni Mingiu e Puiu (ma il primo ha già una Palma) in gara con due ritratti spietati del loro Paese (“Bacalaureat” e “Sieranevada”) e ora anche Farhadi e Verhoeven, anche se difficilmente trionfa una commedia, per quanto nera. Nessuna speranza pare per il controverso “Personal shopper” del francese Assayas, di più per Dolan e il suo “Juste la fin du mond”. Questi i film apparentemente in corsa per il palmares globale. Per quanto riguarda gli attori, scartata tra le donne l'ipotesi che possa ancora vincere (non avrebbe francamente senso) Isabelle Huppert, l'unica candidata valida sembrerebbe Sonia Braga nel film brasiliano “Aquarius”. Tra gli uomini pronostici maggiori per Dave Johns del loachiano “I, Daniel Blake” e il rumeno Adrian Titien per “Bacalaureat”.
Intanto a sorpresa il film afgano "Wolf and sheep" di Shahrbanoo Sadat vince la sezione della Quinzaine battendo tutti e tre gli italiani (Bellocchio, Virzì e Giovannesi) ma soprattutto il grandissimo favorito della vigilia, lo straordinario "Neruda" del cileno Pablo Larrain.
Niente da fare per l'Italia nemmeno nella selezione ufficiale "Un certain regard", dove Pericle il nero è stato superato dal finlandese Hymyileva Mies di Juho Kuosmanen, struggente storia in bianco e nero di un pugile che perde il titolo mondiale per amore.
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