Fischi in platea Penn e Refn deludono Cannes

Sabato 21 Maggio 2016
CANNES - Nel giorno del ritorno dei divi (Charlize Theron, Javier Bardem, Elle Fanning), in cui il Concorso era chiamato a confermare le attese di due registi in possibilità di Palma, sia Winding Refn, sia Sean Penn hanno regalato, con sonori buuh in sala, le più cocenti delusioni. Del primo era in parte temuta, visti il tema (il mondo della moda nella Los Angeles più perversa) e il trailer che girava sul web; del secondo no, anche se lo scenario africano della guerra e il lavoro infaticabile dei medici sono spesso oggetto di pompose rappresentazioni: conoscendo la sensibilità dimostrata fin qui da Penn si sperava in un altro film, purtroppo è perfino peggio delle peggiori ipotesi. “The neon demon” è una specie di versione opposta di “Walhalla rising”, dove il corpo (quello forzuto dei vichinghi prima, quello armonioso delle modelle qui) è al centro del film, diventando il vero teatro di conflitti, fino a estreme conseguenze cannibaliche e sessuali. Refn assale lo spettatore con scene disturbanti, ma rischia di banalizzare delle figurine omologate in un immaginario scontato. Il regista lascia alle spalle la contestazione: «I fischi? Mi interessa il processo creativo, più che il risultato. La creatività suscita reazioni. Quindi va bene tutto». Non è andata meglio con “The last face” dove Sean Penn gira uno spottone pro Unicef e inchioda il film a una confezione di maniera. Il regista di “Into the wild” si difende: «Il film è finito, quindi è una discussione che lascia il tempo che trova, ma tutti hanno il diritto di dare una propria interpretazione. Hollywoodiano? Penso sia importante anche lo spettacolo, se non è nel modo che lo intende Donald Trump. La bellezza delle cose può salvarci, ci stiamo allontanando dalla nostra umanità».
Adriano De Grandis

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