Era preoccupato, Giulio Regeni. E aveva un motivo specifico per esserlo: qualcuno,

Venerdì 12 Febbraio 2016
Era preoccupato, Giulio Regeni. E aveva un motivo specifico per esserlo: qualcuno, nel corso dell'assemblea del 11 dicembre scorso sulla quale si stanno concentrando gli interessi degli inquirenti italiani, l'aveva fotografato. I tre ricercatori che ieri pomeriggio sono stati ascoltati dal pm di Roma Sergio Colaiocco, sono stati tutti e tre concordi nello spiegare che almeno fino a prima delle vacanze di Natale, il ricercatore sequestrato il 25 gennaio scorso al Cairo, torturato per almeno cinque giorni e infine ammazzato, aveva paura. Uno di loro era presente all'assemblea e ricorda la scena anche se non sarebbe in grado di identificare il ”fotografo” (posto che in ogni caso l'Italia non avrebbe alcun modo di avviare le ricerche). «Da quel che diceva Giulio - è in sostanza la spiegazione che hanno dato i tre ricercatori italiani, tutti da tempo ospiti dell'università Americana del Cairo - questa persona si muoveva effettivamente come un corpo estraneo rispetto al contesto. Nessuno che Giulio conoscesse ha detto di averlo già visto prima, e l'uomo non ha parlato con nessuno per tutto il dibattito. E' stato in disparte, ha fatto le foto ed è andato via. Anche per questo Giulio era spaventato».
Regeni e i suoi colleghi, alcuni dei quali altrettanto esperti in movimenti sindacali ”urbani” quanto il ricercatore, si erano interrogati su quelle foto per settimane. Poi, al rientro al Cairo dopo la pausa natalizia, l'argomento era scivolato in secondo piano. E' qui che va collocata un'altra data su cui si sta concentrando l'attenzione della procura e degli uomini di Ros e Sco. Il 14 gennaio, infatti, Regeni pubblica su Nena News un articolo in cui racconta l'assemblea dell'11. L'articolo è firmato con uno pseudonimo, ma non erano molti gli italiani presenti a quell'incontro. Lui, poi, parlava della riunione ospitata nella sede del Ctuws come di un importante iniziativa «anti regime».
C'è poi un terzo elemento a far pensare che il lavoro di Regeni possa aver innervosito qualcuno vicino al regime di Al Sisi. La sera della sua scomparsa, il 25 gennaio, anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, Regeni avrebbe avuto appuntamento con Hassanein Keshk, un ex professore universitario considerato una figura carismatica dei movimenti anti Al Sisi. Keshk è un sociologo, specializzato nell'analisi dei movimeti sociali in Egitto e aveva tenuto lezioni sulle trasformazioni sociali dopo la rivoluzione del 25 gennaio anche all'estero. Persino il suo profilo pubblico su Facebook è pieno di video di manifestazioni, qualche vignetta ironica su al Sisi e link ai siti dei sindacati dei lavoratori del commercio. Regeni probabilmente voleva discutere con lui il suo prossimo progetto di ricerca: l'arrivo del servizio Uber (che sta portando scompiglio anche in Europa) nella città del Cairo. Se qualcuno sapeva dell'appuntamento, potrebbe non aver gradito.
Al Cairo intanto, le indagini congiunte di Italia ed Egitto procedono al rilento. Ieri la delegazione italiana è stata invitata a partecipare ad un sopralluogo sul luogo del ritrovamento del corpo. Sembra che sia stato ascoltato anche il tassista che ha trovato Regeni, ma il verbale non è ancora stato girato agli italiani né questi hanno potuto assistere all'audizione. Nessuna risposta anche sui tabulati del cellulare, pure questi chiesti da giorni.
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