Dalle minime alla flessibilità i fronti aperti delle pensioni

Mercoledì 25 Maggio 2016
Dalle minime alla flessibilità i fronti aperti delle pensioni
Anticipo della pensione con la formula del prestito, bonus 80 euro alle pensioni minime, rivalutazione dei trattamenti in essere. E poi ancora, sul fronte del lavoro: attuazione del Jobs Act, nuovi centri per l'impiego, uso degli ammortizzatori sociali nelle crisi aziendali prolungate, riduzione strutturale del cuneo fiscale. La carne al fuoco è tanta, ma ieri governo e sindacati, in un clima disteso che non si vedeva da tempo, si sono limitati a fare l'elenco dei titoli in attesa di darsi di nuovo appuntamento per provare a entrare nel merito.
L'incontro mattutino al ministero del Lavoro, con Poletti e il sottosegretario Nannicini da una parte e dell'altra Camusso, Furlan e Barbagallo, è servito soprattutto a sancire la ripresa del dialogo. Subito dopo, ci ha pensato Matteo Renzi a ricordare le sue priorità in vista dell'autunno, che sono appunto un po' di flessibilità in uscita pur nell'ambito della legge Fornero, a beneficio di «chi è rimasto un po' schiacciato tra l'incudine e il martello» e un sostegno alle pensioni minime «che sono troppo basse». Nel suo intervento al Forum di Repubblica.tv il premier senza entrare nei dettagli ha anche confermato l'intenzione di venire incontro al ceto medio e alle famiglie, obiettivo che potrà essere raggiunto con l'intervento sul cuneo fiscale oppure attraverso una rimodulazione delle aliquote Irpef.
Su alcuni di questi dossier il lavoro preparatorio è a buon punto, su altri invece sta praticamente iniziando ora. Ieri il governo non ha scoperto le carte nemmeno su quello più atteso, l'anticipo pensionistico ormai noto con l'acronimo di Ape: non è stato nemmeno nominato, ha fatto notare Camusso. Sul progetto in realtà restano vari aspetti da precisare: stante la formula del prestito erogato banche e assicurazioni, che farebbe gravare sul bilancio dello Stato solo gli interessi, occorre decidere l'entità delle penalizzazioni ed anche l'eventuale variabilità dell'ammontare del prestito. L'idea di fondo è comunque un taglio della pensione fino al 4 per cento per ogni anno di anticipo, con possibilità di un alleggerimento per i bassi redditi e per i lavoratori in situazione di difficoltà. Beneficiari sarebbero nell'immediato coloro che sono nati tra il 1951 e il 1953 e dunque almeno in parte sono rimasti bloccati dai più severi requisiti della riforma Fornero.
Ma la piattaforma sindacale comprende anche interventi per chi in pensione ci è già andato. Cgi, Cisl e Uil hanno posto il tema della rivalutazione (ridotta negli scorsi anni salvo che per i trattamenti più bassi e poi di fatto azzerata insieme all'inflazione). Il governo pensa per i pensionati ad un'operazione simile a quella portata a termine per i lavoratori dipendenti con gli 80 euro: visti però gli alti costi dell'intervento (fino a tre miliardi) la platea è tutta da definire.
Per ora c'è insomma il «clima positivo» rilevato da Poletti al termine dell'incontro. I tre leader sindacali hanno apprezzato oltre alla convocazione in sé, attesa per mesi, anche l'impegno del governo a non prendere provvedimenti senza aver quanto meno avvisato i propri interlocutori. Cgil, Cisl e Uil incassano insomma un qualche riconoscimento del proprio ruolo dopo mesi burrascosi, mentre l'esecutivo si mette per il momento al riparo da ulteriori tensioni in vista delle delicate scadenze politico-elettorali. Un armistizio che però dovrà prima o poi fare spazio a trattative più concrete.
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