Cima Vallona, la ferita resta aperta

Lunedì 26 Giugno 2017
Cima Vallona, la ferita resta aperta
L'anniversario dei 50 anni della strage di Cima Vallona ha motivato tanta gente a confluire sul prato antistante la chiesetta di Tamai, all'inizio della salita che porta verso Melin e il passo di Vallona, dove morirono per lo scoppio di due bombe quattro militari italiani in perlustrazione sul confine italo-austriaco, dove passa l'elettrodotto, retto da grandi tralicci, che negli anni Sessanta il terrorismo altoatesino prendeva di mira per attentati irredentisti. Ma tanta gente è anche salita ai duemila metri, sul pendio dove un sacello ricorda con quattro croci Armando Piva, Mario Di Lecce, Francesco Gentile e Olivo Dordi. Lassù, nonostante la pioggia ,alle 8.30 oltre cento persone hanno partecipato alla breve cerimonia di commemorazione, ed alla deposizione dei fiori, mentre il gruppo femminile dei GT Senza Maschera, diretto da Lorenzo Tonon, cantava la canzone di Francesco Guccini dedicata ai morti di Cima Vallona. Intanto sul pianoro antistante la chiesetta di Tamai affluivano molte persone, la banda militare, i gonfaloni delle varie associazioni di appartenenza dei militari assassinati. La messa è stata presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre, Renato Marangoni, assieme al parroco di Danta e San Nicolò, don Fabio Fiori. Nell'intervento del sindaco Giancarlo Ianese, che ha sempre preparato con cura la cerimonia di Tamai nei suoi trent'anni da primo cittadino, è stato sottolineato il valore del ricordo vigile e il superamento delle divisioni etniche. Ma il cinquantenario dell'attentato è anche occasione di polemica. Da parte di Giovanni Piccoli, senatore bellunese, i bersagli sono il presidente della provincia di Bolzano Arno Kompatscher, reo di non aver presenziato alla cerimonia e la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, che aveva promesso la sua presenza, senza poi mantenere. Ma anche sul fronte tedesco la strage di Vallona scatena un attacco alle responsabilità non chiarite. E' uscito infatti un libro dello storico militare austriaco Hubert Speckner, che mette in dubbio le responsabilità dell'attentato da parte dei terroristi altoatesini della Bas. Le sue ricerche hanno scandagliato gli archivi austriaci, mentre quelli italiani, sull'argomento, sono ancora chiusi. «Di che cosa ha paura l'Italia ufficiale? - scrive il presidente dell'associazione Südtiroler Heimatbund, Roland Lang - Di doversi scusare con i sudtirolesi? Di dover reinterpretare didatticamente e di conseguenza revisionare la propria storiografia? Ma anche se l'Italia non avesse il coraggio di aprire i propri archivi, essa dovrebbe almeno smetterla con la persecuzione dei coinvolti di allora». L'ombra dei servizi segreti italiani torna sull'attentato di Cima Vallona.

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