Belluno, pro e contro nella sfida a distanza

Domenica 27 Novembre 2016
Sfida. Ma a distanza. Il dibattito Tosi-Piccoli non va in scena con i due politici seduti uno di fronte all'altro (come previsto da copione). Perché il senatore bellunese diserta il match e il sindaco di Verona arriva a Belluno con un'ora di ritardo. Ma nella battaglia tra il «sì» e il «no» al referendum costituzionale le armi dei due si incrociano comunque. Sono gli ultimi acuti prima delle urne: domenica 4 dicembre si vota.
IL FRONTE DEL SÌ
Non c'è solo il Partito Democratico a sostenere la riforma Boschi-Renzi. Lo si è visto ieri sera nel convegno-dibattito dei bravi Tosi. Il movimento Fare! è schierato per il «sì». Con una parola d'ordine: governabilità. Anche perché il concetto del «sì» tosiano potrebbe essere quello di Fiorella Mannoia, «come si cambia, per non morire». Come e cosa cambia per Belluno con la riforma? O meglio, come viene modificato il gap con i vicini autonomi, con Trento e Bolzano? «Questa riforma non migliora e non peggiora la differenza tra i territori speciali e quelli ordinari - ha detto Flavio Tosi -. Le autonomie speciali non vengono toccate. Ma con il sì viene migliorata la governabilità del Paese. E solo con maggiore governabilità possiamo avere un governo che sceglie di toccare le autonomie speciali». Il Pd però la vede in maniera diversa e da settimane nel Bellunese si gioca la carta della «autonomia possibile» contrapposta alla «autonomia sbandierata». L'hashtag bastaUnSì del popolo Dem dice ai bellunesi che solo la riforma dà alla provincia dolomitica uno status (da area vasta montana) nel testo della futura Costituzione riformata. «Solo con questa riforma si tiene conto della differenza tra Belluno e tutte le altre Province» dice da tempo Roger De Menech. Tosi come la vede? «Se passa il sì le Province vengono eliminate dalla Costituzione, è vero - ha spiegato ieri sera il sindaco di Verona -. Ma ha senso tenerle in Costituzione (succede in caso di vittoria del no, ndr) per lasciarle asfissiate dal punto di vista finanziario così come sono oggi? Il Bellunese ci guadagna se vengono create le no-tax aree. Credo si tratti comunque di un'idea coerente con lo spirito della riforma. Pericolo centralismo? Di sicuro non si cambia in peggio».
IL FRONTE DEL NO
Ben più nutrita la truppa che non vuole la riforma della Costituzione (almeno non così). Perché per fotografare il panorama politico del «no» serve un grandangolo. Si va dalla sinistra più a sinistra del Pd, a Forza Italia, alla Destra (senza Centro). Passando per il Movimento 5 Stelle. Che nei giorni scorsi ha ribadito a Belluno la sua ferma contrarietà ad una riforma che non fa gli interessi del Paese e tantomeno del Bellunese. «Il centralismo della Boschi-Renzi non promette nulla di buono per la provincia di Belluno - ha detto venerdì Federico D'Incà -. Quello che sostiene il Pd è legato esclusivamente ad un piccolo passaggio su un concetto non chiaro delle aree vaste montane». Dello stesso avviso anche il Comitato per il No che mette insieme Forza Italia, Lega Nord e Bard. «Il legislatore della riforma ha omesso di fare la scelta più logica: quella di eliminare o quanto meno non aggravare le differenze di trattamento fra Regioni ordinarie e speciali - dicono il senatore Giovanni Piccoli e il costituzionalista Daniele Trabucco -. Invece, l'art. 39, comma 13 della legge di riforma prevede che le norme del titolo V non si applichino alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano fino alla revisione dei rispettivi Statuti. Significa che l'accentramento sancito per le Regioni ordinarie e per Belluno non vale per le cinque Regioni ad ordinamento differenziato. Ovvero autonomie blindate è allarme rosso per Belluno».

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