Banche, nuove regole per i fallimenti

Sabato 2 Gennaio 2016
Banche, nuove regole per i fallimenti
ROMA - Tre, due, uno: anno nuovo e regole nuove sui salvataggi bancari. Da ieri è ufficialmente entrato in vigore il regolamento sul cosiddetto bail in, che cambia i principi di fondo per la gestione delle crisi degli istituti di credito europei. Si passa dal salvataggio dall'esterno, con denaro pubblico, a quello dall'interno, appunto bail in, e cioè con le risorse dei portatori di interessi (stakeholder) della banca stessa. Le nuove regole sono destinate a stravolgere l'attuale paradigma, se si considera che negli anni della grande crisi i salvataggi delle banche sono costati all'Eurozona qualcosa come 800 miliardi di euro, spesi soltanti in minima parte per l'Italia.
Con le nuove regole, in caso di crisi di un istituto, potrebbero così essere chiamati a fare la propria parte in prima battuta gli azionisti, e poi, via via a scendere, gli obbligazionisti subordinati, quelli non subordinati purché non garantiti, e i correntisti oltre la soglia di 100mila euro (garantita già oggi in caso di crisi). Col recente crac con annesso salvataggio di Banca Marche, Popolare Etruria, Carichieti e Cariferrara, nell'ambito del quale azionisti e obbligazionisti subordinati hanno visto il proprio investimento azzerato, si è assistito a una prova di quel che d'ora in poi accadrà in caso di crisi di un istituto di credito. La differenza è che oggi potrebbero essere chiamati a partecipare alle perdite di una banca anche tutti gli obbligazionisti (purché non garantiti), e quindi non solo i subordinati, e i correntisti con oltre 100mila euro.
Nelle intenzioni del legislatore, le nuove norme consentiranno di gestire le crisi bancarie «in modo ordinato, con l'utilizzo di risorse del settore privato, riducendo gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti». Il bail in, in realtà, è uno degli strumenti previsti dalla più generale procedura di risoluzione delle crisi bancarie. Un istituto di credito può essere sottoposto a risoluzione se si verificano tre condizioni: è in dissesto o a rischio; le autorità competenti non ritengono che misure alternative di natura privata (come aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di evitare il dissesto; la liquidazione ordinaria non può consentire di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti e di assicurare la continuità dei servizi essenziali. Una volta accertata l'esistenza di queste tre condizioni, le autorità di risoluzione potranno decidere di vendere una parte della banca in crisi a un privato, di trasferire temporaneamente le attività e passività a una “banca ponte” e quelle deteriorate a una bad bank, e di applicare appunto il bail in.

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