Alfano: «Questa non è Italia»

Mercoledì 26 Ottobre 2016
All'origine della protesta potrebbe esserci stato un difetto di comunicazione, ma, poi, quello che sembra aver pesato è la scarsa capacità di gestire l'emergenza. A un punto tale che il prefetto di Ferrara, Michele Tortora, ha scelto di fare un pericoloso dietrofront e, davanti alle barricate dei pochi abitanti dei comuni di Goro e Gorino, ha preferito trasferire dodici donne e otto bambini in altre strutture della provincia ferrarese: Fiscaglia, Ferrara e Comacchio. Venti persone in tutto, che sono riuscite ad alzare così tanto il livello della contestazione da far apparire lo Stato impotente. E a provocare una durissima reazione del ministro dell'Interno Angelino Alfano: «Questa non è Italia. Vicende come queste non ci fanno onore». Fuoco e fiamme sul prefetto Tortora. Tanto che la sua poltrona sembra vacillare. Anche perché quanto successo nel ferrarese potrebbe rappresentare un pericoloso precedente. E allora diventerebbe davvero difficile per il Viminale riuscire a gestire un'emergenza che, al momento, non sembra offrire spiragli e aperture. E ora, a chi deve fronteggiare la nuova escalation di sbarchi e arrivi, dal Dipartimento per l'Immigrazione, diretto dal prefetto Mario Morcone, si chiede lungimiranza, capacità di mediazione, oltre a una collaborazione fattiva.
Il caso Goro con la requisizione dell'ostello, o quello di Castel d'Azzano a Verona, con l'albergo a 4 stelle messo a disposizione dei profughi, devono rappresentare episodi isolati. Fermo restando tutta la fascia di albergatori e proprietari di appartamenti che stanno offrendo i loro immobili, intravedendo il buon guadagno.
La situazione comunque resta molto grave. I centri di accoglienza e i sistemi Sprar sono stracolmi. Negli ultimi giorni sono stati distribuiti circa 6 mila immigrati, ma altri duemila restano fermi negli hotspot (le strutture dove avviene la prima registrazione), e non si sa ancora bene dove portarli. Si spera solo nel mare, che già da oggi dovrebbe peggiorare, facendo diminuire gli arrivi. L'Italia sta vivendo forse l'emergenza più grave degli ultimi anni: i migranti ospitati nel sistema d'accoglienza sono balzati dai 104 mila del 2015 ai quasi 170 mila di oggi, determinando proteste di cittadini ed enti locali, dal Nord al Sud. Un boom figlio di tre fattori: il flop dei ricollocamenti (fermi a 1.318 rispetto ai 40 mila in due anni previsti), la difficoltà dei rimpatri degli irregolari (solo poche migliaia quest'anno) e il rafforzamento dei controlli alle frontiere dei Paesi confinanti, Francia e Austria in testa. Al Viminale c'è molta preoccupazione, e non solo per la distribuzione, ma anche per l'aspetto economico. L'accoglienza costa ben 100 milioni di euro al mese. Attualmente all'appello mancano 650 milioni di euro per le associazioni che lavorano nelle strutture e minacciano di interrompere i servizi.
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