Adesso è l'Egitto a puntare l'indice contro i «sabotatori»

Sabato 6 Febbraio 2016
Adesso è l'Egitto a puntare l'indice contro i «sabotatori» delle relazioni con l'Italia. In perfetta sincronia il portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, e l'ambasciatore a Roma, Amr Kamal Helmy, accusano chi vuole «strumentalizzare» la morte di Regeni e rimandano a non meglio identificati «nemici degli eccellentissimi rapporti» tra i due Paesi. L'Egitto tenta di rimediare al crollo d'immagine provocato dalle notizie sulla barbara uccisione di Giulio, che in modo sempre più evidente non era un semplice dottorando di Cambridge appoggiato per le ricerche sui sindacati all'American University del Cairo. Era, infatti, un giovane anche politicamente impegnato, che sotto lo pseudonimo di Antonio Drius denunciava il regime repressivo di Al Sisi. L'Italia ha ribadito ieri per bocca dei ministri degli Esteri e della Difesa, Gentiloni e Pinotti, la volontà del governo di ottenere dalle autorità egiziane tutta la verità. «Le indagini saranno svolte con la massima trasparenza e collaborazione», assicura l'ambasciatore Helmy. «Puniremo i responsabili». Ma invita a non dare «a certi nemici» l'opportunità di strumentalizzare la morte del giovane e minare così i rapporti «stabili e eccellenti fra i nostri Paesi». Al Cairo, il portavoce degli Esteri denuncia «tentativi di compromettere le relazioni bilaterali». E aggiunge: «I contatti delle ultime ore con l'Ambasciata egiziana a Roma e le autorità italiane sottolineano la volontà comune di sventare questi tentativi».
Un dialogo che continua. Nella stessa direzione va l'autorizzazione dell'Egitto al rientro della salma oggi a Roma, e il via libera all'arrivo ieri pomeriggio al Cairo del team di investigatori con i carabinieri e i funzionari dell'Interpol. Gentiloni, a sua volta, dall'Olanda ricorda «l'impegno preso del presidente Al Sisi e dal ministro degli Esteri Shoukry». Aggiunge che «una cosa per noi è molto chiara: è stato preso un impegno a collaborare per l'accertamento della verità e noi confidiamo e garantiremo che questo impegno venga rispettato». Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, spera che «l'alleanza con l'Egitto aiuti la verità». E Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, chiede «chiarezza a 360 gradi», perché con tutta la comprensione per «un paese martoriato dalla minaccia terroristica come l'Egitto, non possiamo però accettare la manipolazione della verità».
Sullo sfondo è inevitabile che vi sia un interesse nazionale per ottimi rapporti con un regime, quello di Al Sisi, che rappresenta un baluardo contro il terrorismo jihadista e contro l'estremismo islamista della Fratellanza musulmana. Decisivo è poi l'Egitto per il via libera al governo di unità nazionale in Libia, precondizione di qualsiasi intervento di stabilizzazione a guida italiana. Senza contare le fitte e imponenti relazioni commerciali. Lo scorso settembre, l'Eni ha annunciato la scoperta in Egitto del più grande giacimento di gas rinvenuto nel Mediterraneo. L'Italia è il primo partner commerciale in Europa e il terzo Paese fornitore dopo Cina e Stati Uniti. E mentre coi Fratelli musulmani Banca Intesa aveva rischiato di vedere nazionalizzata la controllata Banca Alexandria, il nuovo governo ha varato un piano di privatizzazioni, di rilancio di Suez, di turismo a El Alamein e di sfruttamento delle miniere a sud.
Oltre 100 imprese italiane lavorano in Egitto. È interesse di Roma e del Cairo non rovinare i rapporti bilaterali.
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