ROMA - Oltre uno su quattro, il 28,7% delle persone residenti in Italia, nel 2015

Mercoledì 7 Dicembre 2016
ROMA - Oltre uno su quattro, il 28,7% delle persone residenti in Italia, nel 2015 è «a rischio di povertà o esclusione sociale». Lo stima l'Istat nell'ultima fotografia di un Paese che cerca di uscire dalla crisi economica. Si tratta di una quota, scrive l'Istituto, «sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%)». Il risultato è sintesi di «un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 12,1% a 11,7%)». Resta invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)». Le famiglie dove i disagi si fanno sentire di più sono quelle più numerose. E le criticità si fanno ancora più forti se ci sono bambini.
«Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono - rileva l'Istat - quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale: passano a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori».
Situazione allarmante al Sud dove si stima che quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole (46,4%) sia a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 24% del Centro e il 17,4% del Nord. Un'Italia che appare spaccata quindi, tanto più se si va a vedere nel dettaglio (tra la provincia autonomia di Bolzano e la Sicilia ci sono oltre quaranta punti di differenza).
In aumento secondo l'Istat anche la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere una spesa imprevista di 800 euro (da 38,8% a 39,9%) e di avere avuto arretrati per mutuo, affitto, bollette o altri debiti (da 14,3% a 14,9%).
Tradotta in numeri assoluti l'analisi condotta dall'Istat significa che la stima per il 2015 è di 17 milioni 469 mila le persone a rischio povertà. Numeri che, scrive l'Istituto, vedono gli obiettivi prefissati dalla Strategia Europea 2020 «ancora lontani». Entro il 2020, infatti, l'Italia dovrebbe ridurre gli individui a rischio sotto la soglia dei 12 milioni 882 mila. Oggi la popolazione esposta è invece «superiore di 4 milioni 587 mila unità rispetto al target previsto».
Altro dato allarmante è che continua a crescere il numero degli italiani che lasciano il Paese. Le cancellazioni dall'anagrafe per l'estero di cittadini italiani sono aumentate nel 2015 del 15%, rispetto all'anno precedente, passando da 89mila a 102mila unità. L'Istat ha certificato che il numero degli emigranti ha superato le centomila unità, con meta preferita il Regno Unito (ancora non c'era stata la Brexit), mentre il tasso di mobilità interna è ai minimi da dodici anni. Certo trasferirsi è più facile quando si è giovani. Le cose cambiano con l'andare degli anni e soprattutto se si mette su famiglia.
Si è ridotta invece del 6% l'uscita di cittadini stranieri dall'Italia, 47mila a 45 mila. Gli emigrati di cittadinanza italiana nati all'estero ammontano a oltre 23mila: il 55% torna nel Paese di nascita, il 37% emigra in un Paese dell'Unione europea, il restante 8% si dirige verso un Paese terzo non appartenente alla Ue.
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