Ricerche su internet e video del furgone

Martedì 18 Luglio 2017
Ricerche su internet e video del furgone
La Corte d'Assise d'Appello di Brescia ha confermato l'ergastolo per Massimo Bossetti, riconoscendolo colpevole dell'omicidio di Yara Gambirasio, dopo una camera di consiglio durata 15 ore. La sentenza è arrivata a mezzanotte e mezzo, facendo scendere il gelo in aula. «Ricorreremo alla Corte europea - hanno detto a caldo gli avvocati difensori - purtroppo ha perso la giustizia». Assolto invece per il reato di calunnia, come in primo grado, per la calunnia nei confronti del collega di lavoro Massimo Maggioni, che nel tentativo disperato di discolparsi aveva indicato come possibile responsabile della morte della ragazzina.
Ad incastrare il carpentiere di Mapello la prova del dna. Il suo rimpianto, ha detto Bossetti, è per i figli che lo vedono dietro le sbarre. Per il resto, non ha nulla da rimproverarsi: «Non sono colpevole. Avrei potuto fare l'abbreviato e uscire giovane dal carcere, ma non posso confessare ciò che non ho fatto».
Nel giorno del verdetto il carpentiere aveva chiesto di parlare per l'ultima volta davanti alla giuria popolare della Corte d'assiste d'appello di Brescia. Le sue dichiarazioni spontanee sono state emotive e debordanti, le parole di un uomo che sapeva di giocarsi il resto della vita.
Contro Massimo Bossetti c'era una prova schiacciante, il suo codice genetico, più una serie di frammenti che, messi in fila, diventano il film di quella fredda sera del 26 novembre 2010, quando Yara saluta le compagne della squadra di ginnastica ritmica, si avvia verso casa e scompare per sempre. Inghiottita nel buio dei 500 metri tra via Locatelli e via Rampinelli. L'accusa sostiene che proprio da lì passava il muratore con il suo furgone bianco: «La ragazzina era in ritardo, era una serata di pioggia mista a nevischio e forse Bossetti si è fermato per chiederle se voleva un passaggio». L'aspetto dell'uomo, che guidava un camioncino Iveco come tanti altri lavoratori dell'edilizia, era rassicurante perché assomigliava ai colleghi del padre geometra e «anche se non si conoscevano, è possibile che lui e Yara si fossero incrociati». Dal momento in cui lei accetta il passaggio, può accadere di tutto: «L'uomo attratto dalle ragazzine può avere tentato un approccio sessuale e il rifiuto è sfociato nel delitto». Avvenuto, stando alle carte dell'inchiesta, proprio nel campo di Chignolo dove è stata ritrovata tre mesi dopo, con un ciuffo di erba stretto nella mano destra.
La traccia biologica - rinominata 31G20 - trovata sugli slip e sui legging della vittima attribuita a Ignoto 1 è il faro dell'indagine. Si risale al padre del presunto colpevole (Giuseppe Guerinoni, viene riesumata la salma), poi alla madre (Ester Arzuffi) che nega la relazione clandestina. E poi ci sono le celle telefoniche che agganciano cellulare del muratore in zona, il furgone con l'inconfondibile modifica del cassone ripreso dalle telecamere che passa davanti alla palestra, le fibre tessili trovate sul corpo di Yara compatibili con quelle dei sedili dell'Iveco, le sferette metalliche sugli abiti della vittima riconducibili a chi lavora nel mondo dell'edilizia.La moglie di Massimo Bossetti, Marita Comi, non è riuscita a trattenere le lacrime dopo la conferma della condanna all'ergastolo per il marito. La donna era in aula con gli avvocati e la madre dell'imputato.
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