Razzismo, Ivanka Trump salva il papà presidente

Lunedì 14 Agosto 2017
Razzismo, Ivanka Trump salva il papà presidente
«Non può esserci posto nella nostra società per il razzismo, per la supremazia bianca e per il nazismo». Ecco che finalmente dalla Casa Bianca arrivano, all'alba di domenica, le parole giuste, nette, inequivocabili, che condannano le violenze di Charlottesville. Ma a firmare il tweet non è Donald, è Ivanka. E di certo la first daughter lo avrebbe mandato prima, subito dopo l'attacco del giovane suprematista che ha lasciato una donna senza vita, se non fosse che Ivanka - 35 anni, tre figli - è ebrea ortodossa e di sabato (shabbat) non può compiere nessuna attività. Ma alle prime luci dell'alba dice quel che il resto del Paese avrebbe voluto sentirsi dire dal presidente. «Dobbiamo unirci tutti come americani. Essere un Paese solo, UNITO», continua in un secondo tweet.
Poco dopo, dall'ufficio stampa della Casa Bianca arriva un commento che precisa come «naturalmente» il presidente «condanna tutte le forme di violenza, intolleranza e odio e ovviamente questo include i suprematisti bianchi, il KKK e neo-nazisti e tutti i gruppi di estremisti».
Almeno in questa occasione, dunque, Donald Trump segue l'esempio della figlia, e accetta di prendere una posizione più forte, anche se con qualche ora di ritardo e solo attraverso una dichiarazione scritta. Altre volte Ivanka è andata allo scoperto su questioni spinose, pur sapendo di essere in rotta con il padre. La first daughter, che ricopre la posizione di consigliere alla Casa Bianca, senza percepire uno stipendio, è stata il faro e la speranza degli ambientalisti sul trattato di Parigi sull'ambiente. Tutta l'America che crede nella scienza si augurava vivamente che la sua influenza si facesse sentire. E lei - da quanto è trapelato - ha insistito fino all'ultimo giorno. Il 60 per cento dell'opinione pubblica era con lei, ma Trump ha comunque scelto di ritirarsi. Una simile leadership, Ivanka l'ha provata sul fronte dei diritti della comunità gay-lesbica e transgender. Lo scorso giugno, nel pieno del mese dell'orgoglio gay, la first daughter aveva espresso il suo sostegno: «Sono orgogliosa di appoggiare i miei amici della comunità Lgbtq, americani che hanno contribuito immensamente alla nostra società e alla nostra economia». Passano tre settimane, e Donald coglie tutti di sorpresa, sia Ivanka che i generali del Pentagono, annunciando invece di voler l'uscita dei transgender dalle forze armate. Ancora una volta, Ivanka era stata la speranza di un'intera comunità, ma il padre non le ha dato retta.
Non c'è dubbio che Ivanka si trovi in una situazione difficile, criticata dalla destra che teme che influenzi troppo il padre, attaccata dalla sinistra per il rischio che esistano conflitti di interesse con le sue aziende. Che sia di posizioni più moderate del padre su quasi tutti i fronti non è un mistero, anzi non sono proprio esistite mogli o figlie presidenziali che abbiano espresso con tanta chiarezza le proprie posizioni, anche in contrasto con il presidente. E non solo sul fronte dell'ambiente e dei diritti omosessuali: è Ivanka che difende i diritti delle donne sul lavoro, che chiede al partito repubblicano di lottare per l'eguaglianza delle paghe, che va a incontrare il segretario generale dell'Onuper discutere su come combattere la tratta degli esseri umani e al G20 lavora per la creazione di una linea di credito a favore delle donne imprenditrici nei Paesi in via di sviluppo.
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