Raccolti i bossoli trovati in strada e nei terreni della sparatoria

Domenica 23 Aprile 2017
TREVISO - (a.belt.) «Ho agito per legittima difesa». Sentito dal sostituto procuratore Gabriella Cama nella tarda mattinata di ieri, il vigilantes 47enne dei Rangers ha spiegato di esser stato costretto ad aprire il fuco. L'uomo, indagato dalla Procura per il reato di tentato omicidio, un atto necessario per procedere con tutti gli accertamenti del caso, avrebbe risposto al fuoco dei banditi, o quanto meno a una minaccia armata. Secondo quanto emerso dalla sua deposizione, la banda che venerdì notte ha fatto esplodere gli sportelli bancomat di tre filiali a Carbonera, Villorba e Trevignano, aveva delle armi. E in particolare, quando il vigilante ha intercettato la Bmw in fuga dai carabinieri, il bandito che stava seduto sul sedile del passeggero avrebbe estratto una pistola e l'avrebbe puntata dal finestrino dell'auto in direzione della guardia giurata. Resta da capire se vi sia stato anche uno sparo, dettaglio per ora non chiarito dalla prima ricostruzione dei carabinieri, al quale il 47enne avrebbe risposto premendo il grilletto della sua Glock. La sua versione dei fatti dovrà essere accertata dai rilievi degli investigatori che hanno posto sotto sequestro i veicoli e raccolto i bossoli trovati a terra nelle campagne di Barcon di Vedelago, dove si è consumato lo scontro a fuoco. «Il metronotte si è difeso da una minaccia armata e ha agito per difendere la propria incolumità - afferma il legale del 47enne, l'avvocato Daniele Panico -. Quello della procura è un atto dovuto: lui è convinto di aver agito nella legalità». La situazione del vigilante dei Rangers in questo momento è molto delicata anche perché ieri sera il 36enne bandito era ancora ricoverato nel reparto di neurochirurgia allospedale Ca' Foncello di Treviso, ma la sua vita è appesa a un filo.
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