LA SENTENZA
TREVISO Era uno degli imprenditori più ricchi di Treviso. Aveva

Venerdì 8 Gennaio 2021
LA SENTENZA TREVISO Era uno degli imprenditori più ricchi di Treviso. Aveva
LA SENTENZA
TREVISO Era uno degli imprenditori più ricchi di Treviso. Aveva creato un impero, viveva nel lusso e godeva della stima delle persone più influenti. Ora abita da solo, è sul lastrico e la sua famiglia lo ha abbandonato. E ieri la giustizia gli ha pure presentato il conto: sei anni e sei mesi di reclusione. La parabola discendente di Luigi Compiano, il patron della North East Services, la società di vigilanza e trasporto valori con sede a Silea, sta tutta qui. Il sigillo dopo sette anni di battaglia legale lo ha messo il collegio del tribunale di Treviso: i giudici Francesco Sartorio (presidente), Leonardo Bianco e Cristian Vettoruzzo hanno qualificato le condotte di Compiano come una bancarotta fraudolenta e non come un'appropriazione indebita aggravata, come aveva invece giudicato il gip al momento del rinvio a giudizio. I 36 milioni di euro fatti sparire dal caveau della società per acquistare auto di lusso, moto e imbarcazioni sono da considerarsi azioni distrattive che hanno mandato in rovina la Nes. Oltre alla bancarotta, Compiano è stato anche condannato per una serie di reati fiscali commessi tra il 2010 e il 2013 (quelli relativi al periodo 2006-2009 sono infatti già caduti in prescrizione, ndr).
LA CONFISCA
I giudici hanno inoltre disposto la confisca per equivalente di beni mobili e immobili per 3,6 milioni di euro e una provvisionale immediatamente esecutiva a favore delle parti civili costituite (Ikea, la banca marocchina Attijariwafa, Veneto Banca, Intesa San Paolo, Unicredit, Mondialpol Service, Mondialpol Bergamo, Mondialpol Milano, Vedette Due, Ipermontebello spa, Coop Service e Zurich Insurance) pari a 36 milioni di euro, ovvero l'ammontare complessivo del denaro sottratto da Compiano che è stato anche interdetto a vita dai pubblici uffici e a cui sono state applicate anche tutte le pene accessorie previste in caso di reati fallimentari. «Le sentenze non le commento, le leggo - ha dichiarato il legale di Compiano, l'avvocato Piero Barolo - Di certo presenteremo ricorso in appello e, se necessario, andremo in Cassazione». Nessun commento invece dal diretto interessato, che dallo scoppio dello scandalo non ha mai rilasciato una dichiarazione. Un anno fa si era limitato a dire: «Vivo come un barbone». Circostanza confermata anche dal suo legale: «È in miseria, non ha nemmeno i soldi per pagare il suo avvocato».
LA CADUTA
Luigi Compiano, dal momento in cui la guardia di finanza ha perquisito la sede della Nes scoprendo l'ammanco milionario, ha ingoiato solo bocconi amari. La moglie, assolta con formula piena in abbreviato, ha fatto le valigie e se n'è andata di casa dopo aver chiesto e ottenuto la separazione. I figli, anche loro finiti nell'inchiesta e usciti senza alcuna responsabilità, non hanno più rapporti con il padre da tempo. Compiano è rimasto solo. Un parente gli ha messo a disposizione un appartamento modesto nella prima periferia di Treviso. È tutto quello che gli rimane. La bella vita è un ricordo lontano. Negli ultimi sette anni l'ex patron della Nes ha visto sgretolarsi tutto il suo mondo. E non per colpa altrui. La difesa ha cercato di giustificare le sue condotte sostenendo che fosse affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo che lo portava a una tendenza patologica al collezionismo. Ma la tesi della procura era un'altra. Negli anni Compiano aveva trovato il modo per avere denaro contante da spendere senza controllo. È arrivato ad acquistare 400 auto di lusso, 100 moto e 70 imbarcazioni. Tutti veicoli che poi sono finiti all'asta permettendo al commissario Sante Casonato di recuperare oltre 51 milioni di euro. Compiano si faceva consegnare le buste di contanti nella sede della società in via Roma a Treviso. Per coprire gli ammanchi di denaro che i clienti gli consegnavano in deposito, firmava degli assegni che lasciava nel caveau. E teneva una sorta di contabilità parallela, il conto soprannominato Nes-Dir, in cui annotava i prelievi. Un meccanismo oliato e redditizio fino a quando, nell'ottobre 2013, Veneto Banca e Intesa San Paolo chiesero la restituzione di parte del denaro che avevano nel caveau. Ma nella fortezza di Silea c'erano solo pezzi di carta, senza alcun valore, con la firma di Luigi Compiano.
Giuliano Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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