La furia di Beppe: «Qui casca tutto» Base in rivolta, Di Maio sotto accusa

Sabato 17 Dicembre 2016
ROMA «Qui casca tutto». È allibito Beppe Grillo quando di prima mattina riceve la notizia che Raffaele Marra, il braccio destro di Virginia Raggi, il «virus che ha infettato il Movimento» come lo definì la deputata Roberta Lombardi, è stato arrestato per corruzione. «È un disastro annunciato» rispondono i vicini a Davide Casaleggio.
Nelle chat girano messaggi di tutti i tipi: c'è chi chiede le dimissioni immediate dell'intera giunta Raggi e c'è chi sente di essere arrivato al capolinea di un'avventura politica.
In hotel sono passati a fare il punto della situazione diversi parlamentari ma soprattutto sono stati visti entrare i legali del M5S che hanno cercato di spiegare a Grillo le possibili evoluzioni negative dell'inchiesta. Nel pomeriggio si è atteso invano un comunicato del leader politico. Pensava di uscire pubblicamente dando supporto alla sindaca Raggi, ma poi ci ha ripensato proprio perché i legali consigliano prudenza assoluta. C'era anche Roberta Lombardi al summit d'urgenza organizzato in hotel. Lei, seduta vicino al comico genovese, è stata lungamente ascoltata e Grillo le ha dovuto riconoscere il ruolo di spina nel fianco mosso non da invidie ma da reali preoccupazioni che in Campidoglio, come aveva sottolineato per mesi, ci si fosse discostati troppo dai principi del M5S. Per Lombardi, la nomina di Marra è sempre stata inspiegabile dal punto di vista politico: si dimise dal mini direttorio per evidenziare la sua contrarietà.
Ora è guerra totale nel M5S con l'ala degli ortodossi, capeggiata da Roberto Fico che rifiuta la spiegazione arrangiata da Raggi di Marra come un tecnico, semplice «dipendente capitolino tra 23 mila» , che chiede di dividere i destini del Movimento e della sindaca. Gli sponsor politici di Virginia ne escono indeboliti e fortemente ridimensionati: Alessandro Di Battista che ieri è letteralmente scomparso dai radar, lui che insisteva per dare tempo e fiducia a Virginia, e pure Luigi Di Maio che aveva spinto perché le si concedesse carta bianca, autonomia anche nelle nomine di fiducia. Lo scontro è ormai apertissimo: il senatore Nicola Morra va dritto al punto lasciando presagire conseguenze politiche inevitabili: «Se vuoi essere severo con gli altri devi essere inflessibile con te stesso». La senatrice Paola Taverna: «Le scuse non bastano».
Per questo tutte le ipotesi sono sul tavolo, anche il ritiro del simbolo M5S dalla giunta capitolina. Si è cercato di abbozzare condizioni, trattative, exit strategy tra le quali: «Non si va avanti a tutti i costi, se vuole procedere, faccia un repulisti completo e tutto il Raggio magico vada a casa».

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