Il sangue degli operai della Miteni è avvelenato. E lo è molto di più

Venerdì 24 Febbraio 2017
Il sangue degli operai della Miteni è avvelenato. E lo è molto di più degli abitanti della zona in cui si trova la fabbrica ritenuta la maggiore responsabile dell'inquinamento da Pfas. Così risulta da uno studio compiuto su un gruppo di 415 lavoratori nei quali è stata riscontrata una presenza di Pfoa (acido perlfluoro ottanico) dai 5 ai 10mila nanogrammi per grammo di sangue contro la media di 70 nanogrammi che era risultata dal campione di abitanti, esaminato l'anno scorso dall'Istituto superiore di sanità.
Il dato è stato reso pubblico ieri, all'ospedale San Giovanni e Paolo di Venezia, a conclusione del convegno internazionale organizzato dalla Regione Veneto, con l'Istituto superiore di sanità e l'Oms, per lanciare uno studio epidemiologico sulla popolazione veneta esposta a sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). Dopo aver esaminato valori di contaminazione ed effetti sulla salute di 85mila residenti nei comuni contaminati del Vicentino, dai 14 ai 65 anni, il convegno ha analizzato lo studio effettuato da due esperti della Regione Veneto, Enzo Merler e Paolo Girardi che ha preso in esame un campione misto di 415 dipendenti sul totale di 600, di genere maschile, al lavoro da più di un anno e assunti prima del 2004. «Abbiamo notato che il gruppo di addetti all'industria chimica ha spiegato Merler giovani con una importante componente con alto livello di educazione, che non fuma mai in azienda, non presenta uno stato migliore di altri, ed è assolutamente più marcato nei dipendenti esposti al Pfoa. Nel gruppo di 75 addetti al Pfoa in particolare registriamo un numero importante di tumori al fegato (triplicato) e cirrosi epatica (+400 per cento), nonché un aumento di mortalità da diabete (+6,9 per cento) e da ipertensione (+7 per cento) rispetto al resto della popolazione». Lo studio ha anche messo in evidenza come dal 2004 al 2012 non siano calate le concentrazioni di Pfoa nel sangue dei lavoratori, mantenendosi sempre tra i 5 e i 10 mila nanogrammi per grammo. «Essendo l'emivita di queste sostanze chimiche di 5 anni ha detto Girardi questi lavoratori, anche se non più esposti, non riusciranno mai ad avere concentrazioni simili a quelle della popolazione mai esposta a Pfas».
Intanto la Miteni contesta lo studio sugli esisti materni e neonatali in relazione alla contaminazione da Pfas a cura del Registro nascita Coordinamento Malattie rare Regione Veneto con una nota a firma di un professore dell'università di Milano, Angelo Moretto. Lo studio della Regione dimostra aumento di diabete gravidico e di gestosi, oltre a un aumento dei nati piccoli per età di gestazione. Moretto critica metodologia e conclusioni del lavoro, affermando che la natimortalità dell'area rossa (1,9 per mille) è inferiore alla media del Veneto (2,5 per mille), che il decorso della gravidanza è definito come fisiologico in una maggiore percentuale dei casi nell'area rossa (83,3 per cento) rispetto alla media del Veneto (81,6 per cento).
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