Ha scelto il gioco duro, Theresa May: il Regno Unito uscirà dal mercato unico

Mercoledì 18 Gennaio 2017
Ha scelto il gioco duro, Theresa May: il Regno Unito uscirà dal mercato unico per poter tornare a controllare l'immigrazione e sottrarsi dalla giurisdizione della Corte europea. Ma al tavolo dei negoziati con Bruxelles cercherà di ottenere un accordo nuovo, il migliore possibile, che permetta al paese di avere lo scambio più libero in beni e servizi tra Londra e gli altri paesi, in modo da creare uno scenario che - ha sottolineato con enfasi - converrebbe a tutti.
Nel suo attesissimo discorso a Lancaster House, pronunciato davanti agli ambasciatori Ue a Londra, la May ha descritto le prospettive per il dopo- Brexit raccontando un paese che guarda al di là dell'Europa e che non vuole chiudersi, bensì usare tutti gli strumenti a sua disposizione per prosperare. Senza scendere troppo nei dettagli, la May ha usato toni che allontanano per ora lo scenario di un divorzio acrimonioso e per questo la sterlina ha segnato il maggior rialzo di giornata dal 2008, dopo le perdite degli ultimi giorni, salendo del 2,61% a quota 1,2382 nei confronti del dollaro. Il Ftse 100, invece, ha avuto la perdita peggiore dal 27 giugno scorso, poco dopo il risultato del referendum, cedendo l'1,46%.
In un tentativo di ricucire gli strappi dei mesi passati, la May ha annunciato che il Parlamento potrà votare sull'accordo finale che verrà raggiunto al termine dei negoziati con Bruxelles, ma visto che in base all'articolo 50 questi devono avere una durata di due anni, i deputati non avrebbero molto margine di manovra nel caso non fossero d'accordo. Oltre al fatto che si troverebbero comunque a ribaltare o rinviare la messa in pratica del risultato referendario.
Ma i mercati l'hanno vista come una tutela sul fatto che gli istinti più estremi dei brexiters verranno mitigati. Nel caso l'accordo fosse sfavorevole per il Regno Unito, la May ha messo in chiaro che sarebbe pronta ad abbandonare i negoziati, perché è meglio non avere nessun accordo che un cattivo accordo, con la minaccia, neppure tanto velata, che Londra potrebbe mettersi a fare concorrenza fiscale per le imprese: se la Ue volesse danneggiare il Regno Unito, compierebbe un atto di pericoloso autolesionismo. Il punto più ambiguo riguarda l'unione doganale, ossia la possibilità di scambiare merci senza imporre tariffe, di cui la May ha detto di voler far parte senza però essere vincolata sulle tariffe sui prodotti provenienti da altri paesi, perché questo le legherebbe le mani nella negoziazione di accordi commerciali con il resto del mondo. Theresa May ha fatto un po' di chiarezza sulle sue intenzioni, senza sorprese rispetto a quanto era circolato nelle ultime settimane, ma con molta più determinazione e uno sguardo alla politica interna e soprattutto a quella Scozia che minaccia un secondo referendum sull'indipendenza nel caso il Regno Unito uscisse dal mercato unico. Il tentativo non è riuscito: la leader scozzese Nicola Sturgeon ha detto che sarebbe economicamente catastrofico e ha ribadito che la Scozia deve avere la possibilità di scegliere. Sull'immigrazione, pallino della May da quando era ministro degli Interni, il messaggio è stato chiaro: Avremo il controllo del numero di persone che vengono nel Regno Unito dalla Ue. Ma ha usato toni più morbidi sui 3 milioni di cittadini europei che già vivono nel paese: è una priorità risolvere la loro situazione, parallelamente a quella dei britannici che vivono nella Ue. Dopo le sparate fatte dai ministri nei mesi passati - le liste dei lavoratori stranieri o la tassa di 1000 sterline per ogni europeo impiegato - il discorso di ieri è stato accolto generalmente bene, almeno per la chiarezza che ha tentato di apportare. Il leader Jeremy Corbyn ha dichiarato che la May vuole la botte piena e la moglie ubriaca, gli europeisti LibDem hanno sottolineato che il paese non ha mai votato per lasciare il mercato interno e Ukip ha spiegato di temere che i tempi siano troppo lunghi. Ma l'obiettivo ormai è chiaro:non sarà una membership parziale, non seguirà il modello di altri paesi, Londra non sarà metà dentro e metà fuori. Adesso bisogna solo girare la clessidra.
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