Gommoni risparmiati e favoriagli scafisti

Venerdì 28 Aprile 2017
Una flotta al servizio dei migranti e, stando alle accuse della Procura di Catania e dell'Agenzia europea Frontex, in stretto contatto con gli scafisti. Sigle di organizzazioni non governative, almeno 10, soprattutto tedesche (4) ma anche francesi, spagnole, olandesi, italiane, maltesi. Una babele di natanti in soccorso dei migranti stipati dentro gommoni e imbarcazioni di fortuna.
Dietro le quinte, riflettori puntati sul mecenate americano George Soros e la sua Open Society, che però smentisce di finanziare questo fitto via vai marittimo. Tredici imbarcazioni incrociano quelle acque battendo le bandiere di Gibilterra, Nuova Zelanda, Belize, Panama e Isole Marshall: spingendosi a ridosso delle acque territoriali libiche, alcune segnalerebbero la loro presenza ai boat people secondo un metodo collaudato.
Il vantaggio per i trafficanti? Poter recuperare indisturbati le imbarcazioni che, invece, gli uomini della missione aeronavale EunavForMed, distruggerebbero dopo aver arrestato i criminali. Ci sono le Ong che da anni affrontano sul campo la crisi, come Medici senza Frontiere e Save the Children, ma anche quelle, più piccole, sulle quali punta l'interesse di militari e investigatori. Quattro tedesche: Life Boat con la nave Minden, la Sea-watch con le Sea-watch 1 e 2, la Sea-eye e l'omonima nave, la Jugend Rettet con la Juventa. Franco-italo-tedesca è la Sos Méditerranée con la nave Aquarius che ospita anche i medici senza frontiere. Olandese invece la Boat Refugee Foundation con la Golfo Azzurro, spagnola la Proactiva Open Arms con la Astral, maltese la controversa Moas (Migrant Offshore Aid Station) degli imprenditori Christofer e Regina Catrambone, (lei è italiana) con le Phoenix e Topaz Responder.
I sospetti sulle organizzazioni più piccole partono da lontano, da quando il 3 marzo 2016 il generale a capo dello staff militare UE, Wolfgang Wosolsobe, in un'audizione a porte chiuse al Parlamento inglese rivelò che i migranti ricevevano «istruzioni e linee guida su come evitare di dare informazioni» alla polizia italiana «da almeno una delle Ong». Poi la fondazione Gefira, con sede in Olanda, ha monitorato le rotte e realizzato quanto fossero vicine alle coste libiche quelle delle navi delle Ong.
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