Ecco il piano di Gentiloni per andare al voto in giugno

Sabato 31 Dicembre 2016
La road map verso le elezioni anticipate, disegnata da Matteo Renzi in tandem con Paolo Gentiloni, è ormai definita. Il governo nei prossimi quattro mesi, fino a metà aprile, cercherà di riparare le falle che hanno portato il leader del Pd alla sconfitta referendaria del 4 dicembre. Poi, con o senza una nuova legge elettorale varata dal Parlamento, il segretario dem e il premier tireranno le conclusioni. Annunceranno a Sergio Mattarella che non ci sono più le condizioni per proseguire fino alla fine della legislatura. Obiettivo: votare a giugno.
Ma ora l'imperativo, in attesa della sentenza della Consulta sull'Italicum attesa per il 24 gennaio che darà avvio alla trattativa (vera o presunta) sulla nuova legge elettorale, è mettere mano alle «priorità» indicate dal premier l'altro ieri nella conferenza stampa di fine anno: lavoro, Sud, giovani, emergenza terremoto. Certo, in poco meno di quattro mesi il governo non può fare molto. Ma qualche fondo a disposizione c'è, a partire dal Mezzogiorno. Il neo ministro Claudio De Vincenti ha in cassa 100 miliardi tra fondi europei e fondi per le aree disagiate da utilizzare entro i prossimi 6 anni. La chiave sono a saranno i Patti per il Sud già firmati con otto Regioni e con otto città metropolitane.
Il premier, però, dovrà fare i conti con la Commissione europea chiamata, entro marzo, a dare il via libera definitivo alla legge di stabilità. E considerati la debolezza dell'Italia dopo la sconfitta di Renzi e il debito e il deficit strutturale che destano allarme, c'è già chi prevede dure osservazioni da parte da Bruxelles. E, probabilmente, una manovra di aggiustamento dei conti.
Con l'Unione europea, in particolare con la Banca centrale (Bce), è aperto anche il dossier per il salvataggio di Monte dei Paschi e di altri tre istituti (Veneto Banca, Carige e Popolare di Vicenza) per il quali il governo ha stanziato 20 miliardi con il decreto salva-risparmio. Il primo nodo da sciogliere è l'importo della ricapitalizzazione che la vigilanza della Bce ha portato a 8,8 miliardi, contro i 5 stimati dal governo e Mps. Questione su cui nei prossimi giorni palazzo Chigi proverà a trattare. Come proverà a ottenere, grazie anche alla sponda offerta dalla presidenza di turno maltese, la revisione del regolamento di Dublino (che impone ai Paesi di prima accoglienza a tenere sul proprio territorio i rifugiati) e l'obbligatorietà delle quote di riallocazione dei migranti negli altri Stati dell'Unione.
Non meno complicato è l'approdo alle elezioni. Gentiloni ha fatto capire («le elezioni non sono una minaccia, la democrazia non può essere prigioniera degli eventi internazionali come il G7») che non si metterà di traverso. E Renzi, dopo aver giocato la carta del Mattarellum (maggioritario corretto) fa sapere di non essere disposto a «sopportare la melina di vuole tirarla per le lunghe». E ai suoi ha spiegato: «Dopo la sentenza della Consulta proveremo a fare un accordo, se non sarà possibile farlo in un mese, si andrà a votare con le leggi elettorali modificate dalla Corte»: un proporzionale puro, cui si potrebbe aggiungere all'ultimo momento una correzione maggioritaria. «Anche Franceschini è d'accordo», dice un esponente di rango del Pd. La minoranza bersaniana e dalemiana no. Ma poco importa (a Renzi). Il problema, invece, è costituito da Mattarella: il capo dello Stato non è intenzionato a sciogliere il Parlamento senza «leggi elettorali omogenee» per Camera e Senato. Il rischio è approdare a un nuovo Parlamento incapace di assicurare governabilità.
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