«Certi che l'appello ribalterà la sentenza»

Mercoledì 26 Luglio 2017
«Certi che l'appello ribalterà la sentenza»
ROMA - Duro colpo all'immagine di Raoul Bova, attore brillante e protagonista di pellicole campioni di incassi, spesso nei panni del tutore della legge. Il giudice monocratico del tribunale di Roma lo ha condannato ad un anno e mezzo di reclusione, pena sospesa e non menzione, per evasione fiscale. Secondo la procura, l'attore, tra il 2006 ed il 2011, avrebbe ottenuto sgravi fiscali, tramite dichiarazione fraudolenta mediante artifici, trasferendo alcuni costi alla società che gestisce la sua immagine, la «Sammarco», e sfruttando così un sistema che avrebbe permesso di pagare un'aliquota Iva più bassa del dovuto. L'evasione contestata dall'accusa è di circa 700 mila euro.
Nel processo erano imputate anche la sorella dell'attore, Daniela, e la moglie Chiara Giordano. Entrambe sono state assolte dal giudice monocratico del tribunale. Nel mirino della procura erano finite delle transazioni non giustificate sul conto della Sammarco Srl, società in mano allo stesso Bova e alla sorella, che detengono rispettivamente il 20% e l'80% delle quote. Questa mossa, secondo l'accusa, avrebbe consentito a Bova di pagare un'aliquota più bassa.
Nel corso delle indagini la procura aveva anche sollecitato il gip a disporre alcuni sequestri di beni immobili riconducibili all'attore per un valore che sfiorava il milione e mezzo di euro. «La sentenza ha escluso che Raoul Bova abbia mai emesso fatture per operazioni inesistenti, quindi l' accusa relativa a presunte operazioni fittizie, che costituiva il cuore del processo, è stata sbriciolata dalla sentenza di assoluzione». Così il difensore dell'attore, Giulia Bongiorno, ha commentato la sentenza.
«La condanna - ha aggiunto - si riferisce esclusivamente alla interpretazione di un contratto sui diritti di immagine sul quale si è già espressa la Commissione Tributaria di Roma in via definitiva dando inequivocabilmente ragione a Raul Bova. La Commissione Tributaria ha sottolineato che contratti come quello oggetto del processo penale in realtà sono strumenti tipici e legittimi nel mondo artistico». «Siamo certi - ha concluso l'avvocato Bongiorno - che l'appello ribalterà la condanna prendendo spunto anche dalle eloquenti statuizioni della Commissione tributaria».
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