Brescia, il tunisino espulso preparava un attentato

Venerdì 30 Dicembre 2016
ROMA - Il tunisino fermato l'altro ieri nel Bresciano dalla Digos ed espulso ieri con imbarco coatto su un volo per Tunisi aveva ricevuto un mese fa l'incarico di mettere a segno un attentato in Italia come quelli realizzati dai terroristi in Francia e Belgio. È il Viminale a rivelarlo, dopo che inizialmente si era parlato di un rimpatrio motivato dal fatto che il giovane ventitreenne bloccato a Edolo, in Val Camonica dove risiedeva da qualche tempo, sarebbe stato accusato di propaganda jihadista in rete. Invece la sua posizione ha destato ben più gravi motivi di allarme anche se non ha nessun collegamento con l'attentatore di Berlino ucciso a Sesto San Giovanni dalla polizia. L'espulsione di Edolo, ha rilevato il ministro dell'Interno Marco Minniti, «non è in collegamento con i fatti che hanno visto coinvolto Anis Amri, il presunto autore della strage di Berlino, ma è un'espulsione importante, perché non riguarda un personaggio qualsiasi. Il suo è un profilo potenzialmente interessante».
L'uomo, Bendhiab Nasreddin, 22 anni, era tenuto sotto osservazione dalle forze dell'ordine, e «a metà novembre - spiega il Viminale - aveva ricevuto indicazioni, da persona a lui nota, di compiere attentati in Italia simili a quelli compiuti in Francia e in Belgio, per ritorsione contro le operazioni dell'Italia in Libia». È la conferma che il nostro Paese è nel mirino dei seguaci dell'Isis e che «non esistono paesi non a rischio».
Le indagini - riferisce ancora il Viminale - «hanno documentato che lo straniero era collegato a un foreign fighter marocchino, già domiciliato nel milanese, con il quale era in contatto tramite social network». Il tunisino fermato ieri era rientrato in Italia il 15 agosto scorso, dopo un prolungato periodo in Tunisia, e «aveva manifestato chiari indicatori di radicalizzazione» e «l'intenzione di lasciare l'Italia quanto prima per unirsi allo Stato Islamico». Nel frattempo gli inquirenti hanno accertato a Sesto San Giovanni contatti tra il Anis Amri e un connazionale, anche se risalirebbero ad anni fa. La perquisizione che ne è seguita ha comunque dato esito negativo, anche se gli accertamenti proseguono per poter scongiurare l'ipotesi di una rete o di sostenitori in zona.

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