Berlusconi: «Se vince Renzi avrà in mano l'Italia»

Venerdì 2 Dicembre 2016
(Segue dalla prima pagina)
Se questa riforma fosse confermata, anche se noi vincessimo le elezioni, la maggioranza scelta dagli italiani non potrebbe governare. Qualunque sia l'esito elettorale. Infatti, Renzi avrà automaticamente il controllo del Senato, che non è stato affatto abolito. I senatori non li sceglieranno più i cittadini, ma le Regioni, che sono per la grande maggioranza, 17 su 20, in mano alla sinistra. Quindi il 60% dei senatori andrebbe al Pd comunque votassero gli italiani. Va tenuto presente che il Senato mantiene molti poteri, con i quali può rendere impossibile governare a chi ha vinto le elezioni. Se invece vincesse Renzi, anche solo con il 30% dei voti, quindi con il consenso vero del 15% degli italiani, visto che metà degli elettori non va a votare, avrebbe in mano tutto, Governo, Parlamento e istituzioni di garanzia, dal Capo dello Stato alla Corte Costituzionale Questo in democrazia è assurdo, intollerabile, inconcepibile. Tutti quelli che se ne rendono conto devono assolutamente andare a votare. Non è un referendum come gli altri, questa volta non c'è il quorum. Sarebbe valido anche se votasse un solo elettore. Chi sta a casa non contribuisce a far fallire il referendum, aiuta il sì senza volerlo»
Lei ha detto di essere pronto, in caso di vittoria del No, a sedersi a un tavolo con il premier Renzi. Ma per discutere di cosa? Ed è sicuro che a questo tavolo non si troverà da solo o senza pezzi importanti del centro-destra?
«No, perché quel tavolo servirà soltanto per scrivere una nuova legge elettorale, che io vorrei proporzionale, e poi ridare finalmente la parola agli italiani. La legge elettorale è materia che riguarda tutti, e quindi tutti dovrebbero starci. L'importante è fare in fretta e permettere agli italiani di votare e di scegliere da chi vogliono essere governati. Non dimentichiamo mai che l'ultimo governo scelto dai cittadini è stato il nostro, nel 2008. Un governo fatto cadere nel 2011 con una manovra di palazzo che purtroppo ha trovato sponda nella magistratura e in alcuni poteri internazionali, politici ed economici. Abbattere un governo scelto dai cittadini è quello che si definisce un colpo di stato, per quanto incruento. Ne sono accaduti cinque, negli ultimi 25 anni, di ribaltamenti della volontà popolare. Il maggior filosofo tedesco, Habermas, li ha definiti a quiet coup d'Etat»
Se vince il Sì cosa succede? E se Renzi la invitasse a un tavolo, cosa direbbe? Sì, no?
«Non mi sono posto il problema, perché vincerà il No. Sono una persona educata, quindi non rifiuto mai un invito, ma non so davvero cosa potremmo dirci.»
Parliamo di centrodestra. Lei ha scaricato Parisi. È pronto a considerare una leadership nel centro-destra da parte di Salvini?
 
«Innanzitutto io non ho scaricato nessuno. Parisi non è un mio dipendente, e comunque io non mai licenziato un mio collaboratore. Non è mai stato il mio successore designato né mi ha mai chiesto di diventarlo. E non ha mai fatto parte di Forza Italia. Dopo una buona campagna elettorale a Milano, ha creato, con il mio consenso, un movimento d'opinione, con l'obbiettivo di portare all'impegno politico nuovi protagonisti del mondo del lavoro. Gli auguro di riuscirci, sarebbe un contributo importante alla nostra causa. Siccome però è stato posto il problema della leadership del centro-destra, mi sono limitato a fare una constatazione, a dire una cosa che mi pare ovvia, e cioè che una persona che si pone in conflitto con larga parte di quella coalizione, con la Lega e con molti esponenti di Forza Italia, non può esserne il coordinatore»
E la leadership di Salvini?
«Le posizioni di Salvini, che è portatore di un patrimonio di voti importante, rispecchiano lo stato d'animo di una parte significativa degli elettori, meritano rispetto perché raccolgono un disagio reale, paure profonde e una vera e giusta richiesta di cambiamento. Credo però che non bastino per costituire una prospettiva di governo. Le elezioni si vincono con una proposta fatta non solo di slogan ma di contenuti seri, concreti, approfonditi, affidati a persone credibili per la loro esperienza e le capacità dimostrate nella trincea della vita».
Ma ci saranno le primarie nel centrodestra?
«Non sappiamo ancora con quale sistema elettorale si voterà, né in quale cornice istituzionale. Di certo non mi presterei a primarie-farsa come quelle fatte dal Pd. E in ogni caso, da quando sono disceso in campo ad oggi, io ho raccolto circa 200 milioni di voti nelle varie tornate elettorali. Non credo di avere ancora bisogno di primarie. Quello che sarebbe necessario invece è che la Corte di Strasburgo provvedesse a pronunciarsi sul mio ricorso contro l'assurda sentenza che mi proibisce di candidarmi. E' una vergogna per la nostra democrazia che i giudici europei sicuramente cancelleranno»
Caso Padova. Hanno accreditato un suo ruolo o quello di una persona a lei molto vicina, come Niccolò Ghedini, nel dimissionamento del sindaco Bitonci: che cosa c'è di vero?
«Assolutamente nulla. Ho detto e ripetuto che la scelta di far cadere la giunta di Padova è stata un errore e frutto di iniziative individuali. I due consiglieri comunali che se ne sono resi protagonisti sono stati sospesi da Forza Italia e deferiti ai probiviri. Il commissario di Padova è stato sostituito proprio a seguito di questo episodio. Ho concordato con Niccolo' Ghedini, che ha espresso pubblicamente la convinzione che al Comune si sarebbe dovuto trovare una composizione dei dissensi all'interno della maggioranza senza arrivare a una rottura».
Adesso sosterrete Bitonci anche se Bitonci si presenta con una sua lista?
«Deciderà il commissario Paroli, che è persona di grande esperienza ed è stato sindaco di una grande città. Individuerà certamente la soluzione migliore per salvaguardare l'unità di Forza Italia e del centro-destra»
Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che è stato eletto anche con il sostegno vostro, al referendum costituzionale voterà sì. Deluso?
«Gli dico che da liberale rispetto le sue opinioni, ma sono sicuro che stia commettendo un grave errore. Brugnaro sta lavorando bene per una città prestigiosa e difficile come Venezia. Dovrebbe rendersi conto, da amministratore locale, che il nuovo centralismo che nasce dalla riforma penalizzerà anche i comuni, cioè gli enti più vicini ai cittadini, quelli che rispondono direttamente a molti dei bisogni della gente. E che il governo Renzi, non scelto dagli italiani come i due che lo hanno preceduto, ha tolto risorse ai comuni perché incapace di tagliare la spesa pubblica nazionale. Renzi ha fatto del referendum un test su se stesso, una sfida nella quale cerca la legittimazione che non ha mai avuto dalla urne. Una sua sconfitta sarebbe anche la sconfitta di un governo che gli elettori non hanno mai voluto, voglio ribadirlo, il terzo consecutivo. Anche su questo invito il mio amico Brugnaro e tutti quelli che hanno ancora dei dubbi a riflettere seriamente».
Alda Vanzan
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