Banca d'Italia in difesa su Popolare Vicenza e Veneto Banca dopo le critiche partite

Giovedì 13 Luglio 2017
Banca d'Italia in difesa su Popolare Vicenza e Veneto Banca dopo le critiche partite
Banca d'Italia in difesa su Popolare Vicenza e Veneto Banca dopo le critiche partite dal segretario del Pd Matteo Renzi. E sullo sfondo la fine ormai prossima del mandato settennale del governatore Ignazio Visco.
Bankitalia ha pubblicato sul suo sito una ricostruzione puntuale dei fatti anche ad uso dei non addetti ai lavori con domanda e risposta. Non è la prima volta che Visco e l'istituto si difendono pubblicamente dalle critiche sulla gestione della crisi di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Solo che questa volta si spiega che fino al 2013-2014 «non sussistevano» gli estremi per commissariare le due banche venete finite ora in liquidazione coatta e che le inchieste della magistratura «hanno preso l'avvio da segnalazioni della Banca d'Italia». Per Veneto Banca, si sottolinea «i primi segnali di scadimento della situazione tecnica vennero da accertamenti ispettivi condotti nel 2013 dalla Banca d'Italia. Non ricorrevano però le condizioni previste dal Testo unico bancario per commissariare la banca». Quindi la Banca d'Italia ricorda come «la Vigilanza richiese l'integrale ricambio degli organi sociali e di controllo e l'avvio di un processo di integrazione, da realizzare nel più breve tempo possibile, con altro intermediario di adeguato standing». Il cda affidò la ricerca a un advisor, che selezionò allo scopo tre banche italiane (tra cui BpVi) e tre banche estere (indiscrezioni parlano di Santander, n.d.r.). Il successivo sondaggio dell'advisor ebbe esito negativo». «Anche nel caso della Popolare di Vicenza - spiega il documento messo online ieri - non ricorrevano i presupposti del commissariamento; solo nel 2014 si riscontrò che la banca acquistava azioni proprie senza aver prima chiesto l'autorizzazione alla Vigilanza. Dall'ispezione del 2015 emerse che il fenomeno delle azioni finanziate aveva dimensioni importanti (circa 900 milioni) ed era in gran parte riferibile al biennio 2013/2014». Le baciate in Veneto Banca ammontavano invece a circa 400 milioni per la Bce (ma secondo Banca d'Italia nel 2013 erano solo 157 milioni e per gli ex amministratori poco più di 10). Ma è con l'arrivo della sorveglianza diretta della Bce (4 novembre 2014) che il banco salta, «con l'emersione di perdite significative» che, nonostante gli aumenti del 2016 fatti da Atlante (2,5 miliardi a metà dell'anno scorso più 938 milioni a fine 2016) hanno portato allo sforamento dei requisiti minimi chiesti da Francoforte. «L'intervento di Atlante ha evitato la liquidazione atomistica delle due banche e creato, di fatto, le condizioni per l'acquisto dell'attivo e del passivo degli istituti in liquidazione da parte di Intesa», chiarisce la Banca d'Italia. «Grazie al secondo intervento è stato possibile finalizzare una importante transazione con oltre il 70% degli azionisti, senza la quale i rischi legali sarebbero stati insostenibili per qualsiasi acquirente». Già ma ora c'è chi parla di rischio revocatoria per questi rimborsi da 441 milioni e pende anche la possibile tassazione. Bocciata l'ipotesi di andare allo scontro con la Ue e fare direttamente la ricapitalizzazione: «Le banche sarebbero state costrette a restituire i soldi e avrebbero operato in grande incertezza». Banca d'Italia poi conferma che quella di Intesa non era l'unica offerta sul tavolo: Unicredit ha presentato un'offerta vincolante «riferita ad una parte molto piccola del complesso da vendere» delle due banche venete. Circa 200 sportelli. Confermata anche la circostanza che cinque gruppi bancari (due stranieri) e un gruppo assicurativo italiano erano interessati e che fondi stranieri avevano presentato un'offerta: l'investimento era troppo basso.
Chiusura con il rammarico (ritardato) per la gestione della crisi delle banche: «Quando arriviamo a Palazzo Chigi il dossier banche è uno di quelli più spinosi. Ci affidiamo quasi totalmente alle valutazioni e alle considerazioni della Banca d'Italia, rispettosi della solida tradizione di questa prestigiosa istituzione. E questo è il nostro errore, che pagheremo assai caro dal punto di vista della reputazione più che della sostanza». È quanto scrive il segretario Pd nel libro «Avanti», pubblicato per Feltrinelli. L'ex premier critica l'enfasi mediatica su Banca Etruria e rivendica il decreto sulle banche popolari: «Noi italiani abbiamo lasciato passare 16 anni per realizzare finalmente la riforma delle popolari, una delle pietre miliari nella storia del credito italiano».
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